mercoledì 6 Agosto 2025
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Parco del Monte Rosa: un appello per la salvaguardia del territorio

L’istanza di riconoscimento del Parco Naturale del Monte Rosa si configura come un atto di rottura con una visione miope del territorio, un’urgenza di riscoprire e preservare un patrimonio di inestimabile valore.

La raccolta firme, lanciata dal comitato “Ripartire dalle Cime Bianche”, non è un mero esercizio burocratico, ma un appello alla responsabilità collettiva, un invito a recuperare un’etica del lavoro e della visione a lungo termine, come testimoniato dalla laboriosità di due generazioni che secoli fa plasmarono il paesaggio alpino.

L’idea di un parco naturale regionale trascende la semplice tutela naturalistica.

Essa mira a creare una piattaforma integrata che coniughi turismo sostenibile, ricerca scientifica avanzata e attività di divulgazione culturale.

L’area proposta, che abbraccia il sito della rete europea Natura 2000 “Ambienti glaciali del gruppo Monte Rosa”, l’area Ef1 di interesse naturalistico individuata dal Comune di Ayas, il Vallone di Nana, la zona a monte di Saint-Jacques e il Vallone di San Grato a Issime, rappresenta un mosaico di ecosistemi unici e un archivio geologico vivente.

Il gruppo dirigente del comitato ambisce a raggiungere una mobilitazione popolare significativa, sostenuta da una campagna di crowdfunding attraverso la piattaforma buonacausa.

org, con l’obiettivo di raccogliere diecimila firme e diecimila euro entro il 2026.
Oltre alla raccolta fondi, il comitato intende promuovere borse di studio per la ricerca scientifica, con particolare attenzione al censimento e alla documentazione dei manufatti in pietra ollare, testimonianze tangibili di un passato artigianale e commerciale florido.

L’importanza della zona, sottolineata dall’etologo Massimo Bocca e dall’ex direttore del Parco Naturale del Mont Avic, risiede non solo nella sua biodiversità, ma anche nella sua peculiare rilevanza geologica.

Rodolfo Soncini Sessa, professore emerito di Gestione delle Risorse Naturali al Politecnico di Milano, evidenzia che il Vallone delle Cime Bianche offre un’opportunità straordinaria per osservare direttamente l’avanzamento della placca africana, processo geotecnico che ha dato origine alle Alpi.

Questa unicità geologica si arricchisce di un intreccio di stratificazioni storiche e culturali.
Il Vallone di San Grato, ad esempio, custodisce tracce inequivocabili della cultura Walser, una comunità di origine germanica che ha lasciato un segno profondo nel paesaggio alpino.

Ma la storia del territorio affonda le radici ancora più in profondità, arrivando all’Alto Medioevo e alla produzione di vasi in pietra ollare, un’arte che ha favorito scambi commerciali estesi, come testimoniano ritrovamenti in Liguria, lungo il confine con la Spagna e persino in sepolture merovingie.
L’archeologo Mauro Cortelazzo rimarca che questi manufatti, testimoni di un’economia resiliente e sofisticata, erano particolarmente ricercati in un’epoca di difficoltà commerciali, sottolineando la notevole abilità e l’ingegnosità delle comunità locali.
La tutela di questo patrimonio, in pericolo a causa di progetti di sviluppo turistico non sostenibili, si pone quindi come un imperativo etico e una sfida per le generazioni future.

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