Un’ondata di disinteresse civico si è abbattuta sulle tre regioni italiane – Veneto, Puglia e Campania – chiamate a eleggere i propri governi regionali, manifestandosi in un marcato e preoccupante calo dell’affluenza alle urne.
I dati, che delineano un quadro di crescente distacco tra cittadini e istituzioni, rivelano un fenomeno complesso con radici profonde.
Il Veneto, storico baluardo di partecipazione democratica, ha subito la contrazione più significativa: solo il 44,6% degli aventi diritto si è recato alle urne, un crollo di ben 16,5 punti percentuali rispetto alle elezioni regionali del 2020, quando l’affluenza aveva toccato il 61,1%.
Questa diminuzione non è semplicemente numerica, ma simboleggia un cambiamento potenziale nel rapporto tra i cittadini veneti e la politica regionale, sollevando interrogativi sulla percezione di efficacia delle istituzioni e sulla fiducia nel processo democratico.
Anche in Puglia, la diminuzione è considerevole: 14 punti percentuali in meno rispetto al 2020.
Il 56,4% degli elettori aveva espresso il proprio voto cinque anni fa, mentre la percentuale attuale si attesta al 41,8%, un dato che riflette una potenziale perdita di interesse verso le questioni regionali e la rappresentanza politica locale.
Questo calo non può essere interpretato isolatamente, ma deve essere contestualizzato all’interno di dinamiche più ampie che riguardano l’intero panorama politico nazionale.
In Campania, l’emorragia di voti è altrettanto allarmante: un calo di 11 punti percentuali, portando l’affluenza al 44,05% rispetto al 55,5% registrato nel 2020.
La disaffezione campana si aggiunge a un trend nazionale di calo della partecipazione elettorale, alimentando un dibattito cruciale sulla necessità di ripensare il rapporto tra cittadini e istituzioni.
Le cause di questo declino sono multifattoriali: la crescente disillusione nei confronti della politica, la percezione di una distanza tra le élite governative e le esigenze reali dei cittadini, la complessità del sistema politico e la difficoltà per i cittadini di comprendere le dinamiche decisionali, un aumento dell’apatia e del disinteresse generale.
Inoltre, la crescente polarizzazione del dibattito politico, l’erosione della fiducia nei partiti tradizionali e l’emergere di nuove forme di comunicazione politica, spesso basate su contenuti superficiali e sensazionalistici, hanno contribuito a creare un clima di sfiducia e disinteresse.
La pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze socio-economiche hanno, senza dubbio, aggravato la situazione, amplificando le disuguaglianze e accentuando il senso di precarietà.
Questo calo dell’affluenza non è un semplice dato statistico, ma un campanello d’allarme che invita a una profonda riflessione sulla salute della democrazia italiana.
È imperativo che le istituzioni, i partiti politici, i media e la società civile collaborino per promuovere una maggiore partecipazione civica, riavvicinare i cittadini alle istituzioni e rafforzare la fiducia nel processo democratico, attraverso un rinnovato impegno nella trasparenza, nella responsabilità e nella capacità di rispondere alle reali esigenze della popolazione.
Altrimenti, il rischio è quello di una progressiva erosione dei valori democratici e di un indebolimento del tessuto sociale.






