La Calabria si fa interprete del proprio racconto al cuore della 82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, portando in scena due opere cinematografiche nate e cresciute nel suo territorio, frutto di una sinergia proficua con la Calabria Film Commission.
Queste produzioni non sono semplici rappresentazioni, ma autentici atti di riappropriazione culturale, capaci di illuminare aspetti complessi e spesso inesplorati dell’identità calabrese.
Il film “Ammazzare stanca”, diretto da Daniele Vicari e interpretato da un cast di grande spessore artistico, con Gabriel Montesi, Vinicio Marchioni e Selene Caramazza in primis, si presenta in concorso nella prestigiosa sezione Spotlight.
L’opera, prodotta da Pier Giorgio Bellocchio e dai Manetti Bros, attinge a piene mani dall’autobiografia omonima di Antonio Zagari, edita dalla Compagnia Editoriale Aliberti, per dipingere un affresco crudo e impietoso di una realtà marginale, ambientata in diverse località della regione: Lamezia Terme, le silenziose vette di Spezzano della Sila, la località turistica di Camigliatello Silano, il borgo marinaro di San Luca e il paese montuoso di Bovalino.
Il film si configura come un’indagine penetrante sulle dinamiche di potere, la violenza e la sopravvivenza in un contesto sociale segnato da profonde disuguaglianze.
Parallelamente, “Il quieto vivere”, opera di Gianluca Matarrese prodotta da Donatella Palermo e Alex Iordachescu, si distingue come evento speciale all’interno delle Giornate degli Autori.
Le riprese si sono svolte tra Corigliano-Rossano e Sibari, luoghi carichi di storia e significato per la Calabria.
Il cast, composto da interpreti locali, con Maria Luisa Magno e Immacolata Capalbo in evidenza, restituisce l’autenticità di un racconto profondamente radicato nel tessuto sociale regionale.
Il regista Matarrese svela le origini del film come derivanti da una storia familiare, un intreccio di rancori e conflitti perpetuati nel tempo in un piccolo borgo calabrese.
“Il quieto vivere” trascende la mera narrazione per diventare una riflessione metateatrale sull’esistenza stessa, dove la quotidianità si fonde con la finzione, creando un universo iperreale e disturbante.
Attraverso un linguaggio innovativo che combina elementi documentaristici, narrazione fittizia e performance teatrale, il film esplora l’anticamera del crimine, quel fragile equilibrio precario in cui la tragedia può ancora essere elusa, forse, grazie all’arte cinematografica.
La Calabria, dunque, non si limita ad essere una location, ma si configura come protagonista indissolubile di queste opere, fornendo non solo scenari suggestivi, ma anche storie potenti e attori autentici, capaci di incarnare l’anima complessa e multiforme di una regione spesso ingiustamente stereotipata.