Il Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta, giunto alla sua ventiduesima edizione, si configura come un faro che illumina le zone d’ombra del nostro tempo, narrando storie di sofferenza e ingiustizia che spesso sfuggono all’attenzione del grande pubblico.
I nomi dei nove figli di Alaa al-Najjar, il medico pediatra di Khan Younis straziato dalla perdita causata da un attacco missilistico israeliano, risuonano come un monito, affiancandosi alle vicende di migranti sequestrati e sfruttati lungo le rotte balcaniche, dei bambini costretti a lavorare nelle miniere del Congo e di coloro che subiscono lesioni orribili a causa di processi industriali disumani, tutte storie premiate per la loro capacità di scuotere le coscienze.
Il premio si articola in sette sezioni, ciascuna delle quali ha visto una giuria presieduta da Marco Damilano valutare un ampio ventaglio di candidature, selezionando opere che si distinguono per profondità investigativa, coraggio e sensibilità.
Nella categoria TV News, Marina Sapia, con “Mani nude”, trasmissione andata in onda su RAI3, offre un’inchiesta cruda e penetrante sulle miniere illegali di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo, dove bambini, esposti a sostanze tossiche, scavano a mani nude in condizioni disumane.
Un’immagine potente che denuncia lo sfruttamento minorile e le implicazioni ambientali di una filiera globale.
Gianluca Diana, con “Africana soap, i bambini della soda” (RSI Rete Due), porta alla luce le conseguenze devastanti per la salute dei bambini in Sierra Leone, esposti alla soda caustica impiegata nella produzione del sapone.
Un reportage che rivela un ciclo di povertà e negligenza che compromette il futuro di intere generazioni.
Raffaella Calandra, con “Mai così tanti ragazzi in carcere” (Il Sole 24 Ore), affronta il tema della giustizia minorile, rivelando il sovraffollamento dei carceri e degli istituti per minori, un indicatore preoccupante di un sistema che non riesce a offrire opportunità di riabilitazione e reinserimento sociale.
Alessia Candito, con “I fantasmi della rotta balcanica” (Repubblica), fotografa la drammatica realtà dei flussi migratori attraverso i Balcani, dando voce a storie di speranza, disillusione e perdita.
Il cortometraggio “Monna Lisa”, firmato da Chiara Avesani e Matteo Delbò, si aggiudica il premio Reportage, narrando con delicatezza e potenza emotiva la storia di un viaggio dalla Striscia di Gaza, un’esperienza che tocca corde profonde e invita alla riflessione sulla condizione umana.
Lorenzo Tondo, con “One afternoon in Gaza, two families tragedies: the childhoods cut short story by Israeli airstrikes” (The Guardian), ci offre uno sguardo straziante sulla perdita dell’innocenza, raccontando le storie di bambini vittime di attacchi aerei israeliani.
La testimonianza, cruda e toccante, ci costringe a confrontarci con le conseguenze della guerra e della violenza.
Infine, il premio Fotografia va allo scatto del fotoreporter palestinese Haitham Imad (EPA), “La guerra in prima persona”, una testimonianza visiva che ci riporta direttamente nel cuore del conflitto, offrendo una prospettiva intima e dolorosa sulla realtà della guerra.
Il Premio Marco Luchetta, attraverso queste opere, non solo rende omaggio al coraggio dei giornalisti, ma soprattutto offre una piattaforma per dare voce a chi non ce l’ha, per denunciare le ingiustizie e per promuovere un mondo più equo e umano.






