La comunità di Senigallia, immersa nell’atmosfera natalizia, si trova a navigare acque agitate da una controversia inaspettata.
L’oggetto del contendere? Un presepe allestito sotto il municipio, un’opera in ceramica realizzata dall’Atelier della Ceramica di Romina Fiorani, che ha suscitato reazioni contrastanti e interrogativi sul delicato equilibrio tra tradizione, creatività artistica e sensibilità religiosa.
La composizione, un tripudio di colori sotto smalto e dettagli cristallizzati, raffigura la sacra famiglia con Giuseppe come figura protettiva, Maria intenta a cullare il Bambino Gesù e due angeli a completare la scena.
Tuttavia, è proprio la rappresentazione di San Giuseppe a essere al centro del dibattito: alcuni osservatori hanno notato tratti somatici che, a loro avviso, presentano caratteristiche femminili, scatenando un acceso confronto all’interno della cittadinanza.
La polemica, immediatamente amplificata dai canali di comunicazione locali, ha visto emergere voci discordanti.
L’ex consigliera comunale Lucia Pucci, esponente della Lega, ha espresso pubblicamente la richiesta di una revisione dell’opera, sottolineando l’importanza di preservare la sacralità e l’autenticità delle rappresentazioni natalizie tradizionali.
La sua argomentazione, pur nel rispetto della libertà artistica, ha espresso una preoccupazione per possibili interpretazioni percepite come irrispettose nei confronti della figura di San Giuseppe.
Anche Massimo Montesi, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, ha condiviso un sentimento simile, invitando il sindaco Massimo Olivetti a prendere in considerazione una rettifica della statuina o, in alternativa, a valutare la sua sostituzione con una rappresentazione più conforme alla tradizione iconografica consolidata.
Questa vicenda solleva interrogativi complessi che vanno oltre la mera questione estetica.
La rappresentazione artistica del sacro, infatti, è da sempre terreno di confronto e reinterpretazione, spesso segnato da tensioni tra il desiderio di innovazione e la necessità di rispettare un patrimonio culturale e religioso millenario.
La libertà dell’artista, pur essendo un valore imprescindibile, si scontra con la sensibilità e le aspettative di una comunità, rischiando di generare frizioni e incomprensioni.
La reazione dell’amministrazione comunale, ora chiamata a gestire la situazione, evidenzia la difficoltà di bilanciare questi opposti.
La possibile revisione dell’opera o la sua sostituzione non rappresentano una semplice decisione amministrativa, ma un atto simbolico che rischia di polarizzare ulteriormente la comunità e di alimentare un dibattito più ampio sulla natura della fede, l’arte e il ruolo delle istituzioni nella salvaguardia delle tradizioni.
Il caso di Senigallia si configura, dunque, come un microcosmo di una più vasta riflessione sulla capacità di conciliare creatività, rispetto e identità culturale in un mondo in continua evoluzione.
La vicenda stimola, in definitiva, una profonda riflessione sulla responsabilità dell’arte nel rappresentare il sacro e sull’importanza del dialogo interculturale per evitare fraintendimenti e promuovere la coesione sociale.







