L’episodio che ha coinvolto il Sindaco Dipiazza e la Consigliera Ricchetti solleva interrogativi profondi sulla qualità del dialogo politico e sul rispetto delle istituzioni democratiche.
L’esternazione, pur definita spontanea e impulsiva, ha generato un’onda di disappunto che va al di là della semplice polemica di genere, toccando temi cruciali come la rappresentanza, la responsabilità e l’educazione civica.
La brusca interruzione della Consigliera Ricchetti durante il suo intervento, preludio all’inopportuna affermazione del Sindaco, non è un evento isolato, ma un sintomo di una dinamica più ampia: la difficoltà, a volte la volontà, di ascoltare voci diverse, soprattutto quando queste rappresentano minoranze o prospettive non conformi al potere costituito.
La successiva “toppa” del Sindaco, l’affermazione “io amo tutte le donne”, si è rivelata, per molti, un tentativo goffo e superficiale di mitigare il danno, anzi, amplificandolo con una patina di cinismo.
Tale frase, anziché lenire le ferite, ha evidenziato una scarsa consapevolezza delle implicazioni del gesto originale e una mancanza di autenticità nel tentativo di riparazione.
La Consulta Femminile, con la voce autorevole della Presidente Debora Desio, ha giustamente sottolineato l’incompatibilità tra un simile comportamento e i valori che dovrebbero ispirare un leader politico.
L’argomentazione che l’affermazione non sarebbe mai stata rivolta a un uomo è rivelatrice di un pregiudizio radicato, una forma di paternalismo che sminuisce la dignità e l’autorevolezza delle donne in politica.
La Consulta non si limita a denunciare un’offesa, ma mette in discussione una mentalità antiquata, un’educazione che perpetua disuguaglianze e stereotipi dannosi, non solo per le donne, ma per l’intera comunità.
L’analogia con un potenziale commento rivolto alla Presidente Meloni, formulata dalla Consulta, è particolarmente efficace nel rendere tangibile l’assurdità e l’inaccettabilità di un simile comportamento.
Essa evoca un senso di ingiustizia e pone l’interrogativo su come un leader politico possa pretendere rispetto e credibilità se non dimostra di possederli per tutti i membri della comunità, indipendentemente dal genere.
L’atteggiamento del Sindaco, che sembra escludere la necessità di scuse, è emblematico di una cultura politica che spesso privilegia l’immagine e la convenienza rispetto alla responsabilità e all’empatia.
Un leader autentico dovrebbe essere in grado di riconoscere i propri errori, chiedere perdono e impegnarsi attivamente per promuovere una cultura del rispetto e dell’inclusione.
Il silenzio o le giustificazioni insufficienti, al contrario, rischiano di alimentare il risentimento e di erodere la fiducia dei cittadini.
La vicenda, quindi, non può essere liquidata come un semplice “impopolarità” o un episodio trascurabile; è un campanello d’allarme che invita a una profonda riflessione sui valori che vogliamo incarnare come comunità.






