Traffico di cellulari al Dozza: indagine sconvolge il carcere di Bologna

L’inchiesta in corso presso il carcere della Dozza a Bologna ha portato alla luce una rete complessa e strutturata di traffici illegali, coinvolgendo un numero significativo di detenuti, tra cui spicca la figura di Andrea Cavallari, già condannato per la tragedia di Corinaldo e precedentemente evaso durante un permesso per la discussione della tesi di laurea.

L’indagine, coordinata dal procuratore capo Paolo Guido e gestita dal pubblico ministero Domenico Ambrosino, ha portato alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini a 69 detenuti, accusati di aver introdotto e utilizzato dispositivi di comunicazione proibiti, principalmente telefoni cellulari, all’interno dell’istituto.

Il fenomeno, che ha radici profonde tra settembre 2023 e dicembre 2024, non si configura come un’eccezionale trasgressione, ma come un vero e proprio “mercato nero” all’interno del carcere.

Le indagini hanno rivelato un sistema organizzato, che prevedeva non solo l’introduzione dei telefoni, ma anche un meccanismo di “noleggio” o “prestito”, con pagamento in beni di prima necessità: cibo, generi di consumo e altri oggetti di valore all’interno del contesto carcerario.
Il costo di un dispositivo simile, secondo le ultime stime emerse, raggiunge la cifra di 800 euro, testimoniando la domanda elevata e l’importanza economica di questo traffico illegale.
Le modalità di introduzione dei telefoni sono state molteplici e ingegnose, sfruttando vulnerabilità diverse nella sicurezza del carcere.

Si sono registrati avvistamenti di droni utilizzati per il contrabbando, lanci dall’esterno verso le celle e, non da ultimo, la complicità di familiari durante le visite, che agivano come “corrieri” inconsapevoli o consapevoli.

Tra gli indagati, oltre a Cavallari, figura anche Mneraj Fatbardh, un noto spacciatore albanese che aveva sfruttato una finestra temporale durante un trasferimento per evadere, prima di essere rintracciato e arrestato.
Il procuratore capo Paolo Guido ha espresso la sua profonda preoccupazione per l’impatto di questi comportamenti sulla funzione riabilitativa e deterrente della pena, sottolineando il rischio di vanificazione degli sforzi del sistema giudiziario.
Nonostante la gravità della situazione, il procuratore ha anche manifestato soddisfazione per la capacità delle forze dell’ordine penitenziarie nell’intercettare e neutralizzare queste attività, evidenziando l’importanza di un impegno costante nella prevenzione e nel contrasto a queste dinamiche illegali.

L’inchiesta solleva interrogativi significativi sulle misure di sicurezza adottate e sulla necessità di rafforzare i controlli all’interno degli istituti penitenziari, al fine di garantire la legalità e la sicurezza all’interno delle strutture detentive.

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