Un’operazione di contrasto alla contraffazione di portata significativa ha recentemente portato alla luce una rete di traffico illegale nel porto di Trieste, uno scalo cruciale per il commercio internazionale e, purtroppo, un punto nevralgico per l’importazione di merci contraffatte.
La Guardia di Finanza, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha intercettato un carico occultato all’interno di un container proveniente da Tekirdag, in Turchia, e diretto a Varsavia, Polonia.
L’ingente quantità di merce sequestrata – oltre 315.000 capi di abbigliamento e accessori – stimata in un valore di circa tre milioni di euro, sottolinea la sofisticazione e l’ampiezza del fenomeno.
L’identificazione del container sospetto è stata resa possibile grazie a un’accurata ‘analisi di rischio’, un approccio investigativo sempre più diffuso che si basa sull’elaborazione di dati e profili per individuare spedizioni potenzialmente illegali.
Questo metodo, in contrasto con controlli casuali, permette di concentrare le risorse in modo più efficiente e di intercettare i flussi illeciti con maggiore probabilità.
La merce contraffatta, abilmente dissimulata tra articoli regolarmente dichiarati, includeva una vasta gamma di prodotti, riproducendo fedelmente i marchi di alcune delle più prestigiose case di moda internazionali: Chanel, Burberry, Dolce e Gabbana, Louis Vuitton, Gucci, Guess, Moncler, Prada.
La presenza di una così ampia varietà di marchi suggerisce una catena di fornitura diversificata e ben organizzata, con possibili coinvolgimenti di diverse filiere illegali.
Le indagini hanno portato alla denuncia del legale rappresentante di una società polacca, accusato di introduzione e commercio di prodotti contraffatti.
La conferma della contraffazione è giunta da tecnici specializzati delle stesse maison, che hanno esaminato i prodotti sequestrati, attestandone la mancanza di autenticità e la violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
L’episodio si inserisce in un quadro più ampio: negli ultimi due anni, il porto di Trieste ha visto il sequestro di quasi due milioni di articoli falsi, consolidando la sua reputazione come punto strategico per il traffico di merce contraffatta.
Questo dato evidenzia la necessità di un impegno costante e coordinato a livello internazionale per contrastare questo fenomeno, che danneggia l’economia legale, alimenta la criminalità organizzata e, in ultima analisi, mette a rischio la sicurezza dei consumatori.
Parallelamente all’azione di contrasto, è significativo sottolineare l’aspetto della responsabilità sociale.
Oltre alla distruzione della merce illegale, sono stati sequestrati 14.000 capi che, invece di essere distrutti, sono stati devoluti in beneficenza alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin. Questa iniziativa testimonia un approccio olistico che non si limita alla repressione, ma cerca di trasformare un illecito in un’opportunità di sostegno a persone in difficoltà, come ha riconosciuto la presidente della fondazione, Daniela Angela Schifani Corfini, ringraziando le autorità per il loro contributo.
Questa sinergia tra sicurezza, legalità e solidarietà rappresenta un modello virtuoso per affrontare le sfide legate alla contraffazione e promuovere uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo.






