Sequestrati 500.000 euro al braccio destro del clan Parisi.

Un’operazione di prevenzione da parte delle autorità baresi ha portato al sequestro di beni mobili e immobili per un valore stimato di 500.000 euro, colpendo Alessandro Di Cillo, quarantaduenne di Cassano delle Murge, figura emergente all’interno del panorama mafioso barese.
L’azione, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), ha messo in luce una significativa incongruenza tra le dichiarazioni dei redditi presentate dall’uomo e il patrimonio effettivamente posseduto, evidenziando un potenziale ricorso a meccanismi illeciti per accumulare risorse economiche a disposizione dell’organizzazione criminale.
L’indagine, protrattasi nel tempo, ha ricostruito un percorso evolutivo che vede Di Cillo, originariamente coinvolto in procedimenti giudiziari a partire dal 2005, trasformarsi in un elemento chiave all’interno del sodalizio clan Parisi.
Inizialmente, ha operato come figura di fiducia, assolvendo compiti di supervisione nel traffico di sostanze stupefacenti e fungendo da custode di armi per conto del clan. Questa posizione privilegiata ha consentito a Di Cillo di acquisire un notevole potere e influenza, culminando nella progressiva creazione di un gruppo autonomo, pur mantenendo legami strutturali e di dipendenza con la matrice mafiosa originaria.

Questo processo di “frammentazione” e creazione di nuclei indipendenti è una dinamica sempre più frequente nel panorama mafioso contemporaneo, che ne complica l’individuazione e l’interruzione delle attività.
Il provvedimento di sequestro disposto dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bari, e accolto dalla Distrettuale Antimafia, incide direttamente su una pluralità di asset: tre unità abitative di pregio, un terreno agricolo di estesa superficie e significative disponibilità finanziarie su conti correnti e investimenti.

L’utilizzo della normativa sulle misure di prevenzione, un’arma cruciale nella lotta alla criminalità organizzata, consente di colpire i patrimoni accumulati attraverso attività illecite, indipendentemente da una condanna definitiva, in quanto si presume che siano frutto di attività criminali.
L’operazione sottolinea l’importanza di un approccio investigativo che vada oltre la mera repressione dei reati, focalizzandosi sulla tracciabilità dei flussi finanziari e sulla ricostruzione delle dinamiche patrimoniali delle organizzazioni criminali.

L’analisi delle discrepanze tra reddito dichiarato e patrimonio posseduto rappresenta un indicatore chiave per l’identificazione di risorse illecite e per il perseguimento di responsabili di attività di riciclaggio e finanziamento dell’illegalità.
Il caso Di Cillo è emblematico di come la ricerca di patrimoni occulti e il loro conseguente blocco rappresentino una strategia fondamentale per disarticolare il potere economico delle mafie e per limitarne la capacità di reinvestire risorse in ulteriori attività criminali.

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