Un’eco di voci, una scia di parole scritte, un dialogo inedito che nasce dalla terra arida della marginalità.
Un progetto di narrazione intergenerazionale ha fiorito all’interno della Casa Circondariale di Foggia, intrecciando il vissuto di donne detenute con la saggezza e la memoria di ospiti anziani della Casa di Cura Maria Grazia Barone.
Più che un semplice scambio di lettere, si è trattato di un atto di resilienza collettiva, un tentativo di umanizzare spazi spesso percepiti come confini invalicabili.
L’iniziativa, germogliata dall’impegno della volontaria ex art.
78 Annalisa Graziano, si inserisce in un programma più ampio di attività estive volte a promuovere l’inclusione e la riabilitazione.
Il supporto di don Fernando Escobar, la Comunità di Sant’Egidio e il CSV Foggia ha fornito la linfa vitale per questo esperimento sociale, affiancato dall’operato dei Giovani per la Pace di Sant’Egidio, veri e propri messaggeri di speranza e comprensione.
Daniele, Giorgia, Francesca, Teresa e Federica hanno agito come ponti, facilitando l’incontro tra due realtà apparentemente distanti.
Le donne reclusi, attraverso la scrittura, hanno colto l’opportunità di riversare le proprie fragilità: il dolore della separazione dai propri affetti, l’angoscia di un futuro incerto, il desiderio ardente di redenzione e di dare un senso al proprio percorso.
Le loro parole, intrise di malinconia e di una profonda ricerca di significato, sono state offerte agli anziani, che le hanno ascoltate con partecipazione e compassione.
In risposta, hanno restituito frammenti di vita, ricordi sbiaditi dal tempo, esperienze forgiate dalle prove della guerra, e consigli preziosi, un patrimonio di saggezza da tramandare a chi si trova ad affrontare la solitudine in una forma diversa, ma non meno dolorosa.
Il progetto ha generato un’inattesa sinergia terapeutica.
Per le donne detenute, il riconoscimento del proprio valore attraverso l’ascolto attento ha rappresentato un balsamo per l’anima, un’occasione per ricostruire il senso di sé e recuperare la dignità perduta.
Per gli anziani, la possibilità di condividere la propria esperienza e offrire conforto ha ravvivato la scintilla dell’esistenza, creando nuove connessioni umane e contrastando l’isolamento.
“La parola scritta, in questa circostanza, si è rivelata un canale privilegiato per l’empatia e la comprensione reciproca,” sottolinea Annalisa Graziano.
“Ha dimostrato che la prossimità, quella vera, si costruisce attraverso il dialogo, l’ascolto e la condivisione di storie, al di là delle barriere fisiche e sociali.
“Il successo dell’iniziativa testimonia il potenziale trasformativo del volontariato e dell’impegno sociale.
Un plauso speciale va rivolto al direttore della Casa Circondariale, Michele De Nichilo, alla Fondazione Maria Grazia Barone, guidata da Daniela Tartaglia, per aver aperto le porte a questa iniziativa.
Indispensabile il supporto dell’area educativa del carcere, punto di riferimento per tutte le attività di volontariato.
Il ringraziamento si estende al comandante di reparto e alla polizia penitenziaria per la loro disponibilità e ai giovani volontari di Sant’Egidio, che hanno infuso passione e sensibilità nel progetto.
Ma soprattutto, il grazie più sentito va alle donne detenute e agli anziani, artefici silenziosi di un ponte invisibile, capace di superare muri e cancelli, per arrivare direttamente al cuore, tessendo fili di umanità che illuminano l’oscurità.
L’eco di queste parole continuerà a risuonare, alimentando la speranza di un futuro più giusto e inclusivo.