Il ritorno di Matthias Verreth a Bari, accolto con profonda commozione e solidarietà, ha segnato un momento di intensa umanità nel panorama calcistico pugliese.
L’aeroporto di Palese si è trasformato in un palcoscenico di affetto sincero, con tutta la dirigenza biancorossa – dal direttore sportivo Magalini al suo vice Di Cesare, insieme agli altri membri dello staff – presente per dare il benvenuto al centrocampista e alla sua famiglia, giunti dalla lontana Olanda dopo un periodo di lutto lacerante.
Il viaggio è stato imposto dalla tragica scomparsa di Elliot Charles, il figlio di soli 14 mesi di Verreth e della moglie Séli Muyabo, strappato alla vita a seguito di un virus che lo aveva colpito, causando un ricovero ospedaliero che si è concluso con un destino ineluttabile.
Un evento che ha scosso profondamente il giocatore e la sua cerchia familiare, esortando la comunità sportiva barese a esprimere il proprio cordoglio e sostegno.
La tifoseria, attenta e sensibile, ha voluto manifestare la propria vicinanza con un toccante striscione esposto allo stadio San Nicola, un messaggio di empatia e solidarietà che trascende i confini del campo da gioco.
Analogamente, il passato tifo del Brescia, squadra per cui Verreth ha militato in precedenza, non è rimasto indifferente, inviando proprie manifestazioni di cordoglio in vista della partita contro l’Entella, un gesto che sottolinea la comune appartenenza al mondo del calcio e l’umanità che lo permea.
L’impatto emotivo di questa tragedia si è riverberato anche sull’organizzazione della squadra.
Il 27 luglio, in una decisione inusuale e denota un profondo senso di rispetto e comprensione, la società ha anticipato la fine del ritiro precampionato di Roccaraso, in Abruzzo.
Un atto che dimostra come il calcio, al di là della competizione e dei risultati, possa e debba saper riconoscere l’importanza del sostegno umano e la priorità dei valori umani in momenti di profonda sofferenza.
L’interruzione del ritiro, un evento altrimenti considerato una rottura del programma, si è trasformato in un simbolo di vicinanza e compassione verso un giocatore e una famiglia provati da un dolore incommensurabile, testimoniando la capacità dello sport di abbracciare l’umanità al di là del risultato finale.