lunedì 29 Settembre 2025
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Bologna, condannato per l’omicidio di Mamadou Sangare.

Il processo per l’omicidio di Mamadou Sangare, giovane originario della Costa d’Avorio tragicamente deceduto nella notte tra il 24 e il 25 settembre dello scorso anno a Bologna, si è concluso con la condanna a sedici anni di reclusione per un uomo guineano di ventisei anni.

La vicenda, che ha scosso la comunità bolognese e sollevato interrogativi sulla sicurezza urbana, ha visto la giustizia penale ricostruire un evento drammatico che si è consumato in piazza XX Settembre, un nodo cruciale della rete di mobilità e convivenza nella zona stazione.

La richiesta di ergastolo avanzata dal Pubblico Ministero Stefano Dambruoso, forte nella gravità del crimine e nell’irriducibile perdita di una giovane vita, è stata infine rigettata dalla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo.

La decisione, lungi dall’attenuare la condanna, riflette una ponderata valutazione delle circostanze e delle dinamiche che hanno portato alla perdita di Sangare, escludendo, in particolare, l’aggravante dell’azione compiuta per futili motivi.
L’accusa, in precedenza, aveva contestato la presenza di questa circostanza, delineando un quadro di violenza gratuita e insensata.

La scelta di procedere con il rito abbreviato, sollecitata dalla difesa rappresentata dall’avvocato Roberta Zerbinati, ha contribuito alla riduzione di un terzo della pena, un effetto legislativo volto a incentivare la rapidità del processo penale.
Tale scelta strategica, però, non diminuisce l’impatto emotivo e sociale del delitto, né la sofferenza dei familiari di Sangare, i quali hanno seguito con angoscia l’evoluzione del procedimento giudiziario.

L’omicidio di Mamadou Sangare non è stato un evento isolato.

Ha fatto seguito un aumento della percezione di insicurezza nella zona stazione, una realtà complessa caratterizzata da dinamiche sociali ed economiche delicate.
La risposta delle istituzioni non si è fatta attendere: il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha visitato Bologna per presiedere un comitato per l’ordine pubblico, segnale dell’attenzione nazionale verso un problema che si intreccia con questioni di sicurezza urbana, integrazione sociale e gestione dei flussi migratori.

L’evento ha accelerato il dibattito su possibili interventi mirati a rafforzare la presenza delle forze dell’ordine, migliorare l’illuminazione e promuovere iniziative di inclusione sociale, finalizzate a recuperare la sicurezza percepita e a prevenire ulteriori episodi di violenza.

La vicenda pone, inoltre, interrogativi profondi sulla necessità di politiche di integrazione più efficaci e sulla fragilità dei legami sociali in contesti urbani marginali.

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