Il drammatico caso di Saman Abbas, la giovane pachistana assassinata a Novellara (Reggio Emilia) nel maggio 2021, prosegue sulla via della giustizia civile, con il fratello della vittima che ha intrapreso azioni esecutive per il risarcimento dei danni subiti.
L’iniziativa, gestita attraverso la rappresentanza legale, mira a quantificare e recuperare i danni morali e materiali derivanti dall’omicidio, colpendo i beni di tutti e cinque gli imputati condannati in appello: i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, e i due cugini, Noman Ulhaq e Ikram Ijaz, insieme allo zio Danish Hasnain.La vicenda, inizialmente segnata da un’impossibilità di credibilità del fratello, oggi ventenne, durante il primo grado del processo, ha visto una svolta significativa con la Corte d’Appello che ha riconosciuto la coerenza e l’attendibilità della sua ricostruzione dei fatti.
Questa valutazione ha portato all’ottenimento di una provvisionale di 50.000 euro, un primo passo verso il risarcimento dei danni subito dal fratello, testimone chiave del processo e parte civile nella causa.
Il pignoramento, reso noto dal Resto del Carlino, si estende a diverse proprietà dei condannati, inclusa una somma di denaro presente sul conto corrente del padre, Shabbar Abbas.
Quest’ultimo, detenuto nel carcere di Modena dove partecipa a programmi di lavoro retribuiti, incarna la tragica figura centrale di un padre accusato di aver agito per “onore”, un concetto distorto che ha portato alla soppressione della figlia.
Come lui, la moglie Nazia Shaheen e i due cugini hanno ricevuto l’ergastolo in appello, dopo essere stati assolti nel primo grado.
Lo zio Danish Hasnain è stato condannato a 22 anni di reclusione.
La sentenza di appello ha confermato la gravità delle responsabilità a carico degli imputati, evidenziando la violazione dei diritti fondamentali di Saman Abbas e l’inaccettabilità di pratiche culturali retrograde che giustificano la violenza in nome dell’onore.
La decisione ha anche offerto un barlume di speranza per la famiglia di Saman, che ora cerca, attraverso la giustizia civile, di ottenere un risarcimento adeguato per la perdita irreparabile subita.
Nonostante le condanne definitive, i condannati non hanno rinunciato alla possibilità di impugnare le sentenze.
Padre, madre e zio hanno già depositato i ricorsi in Cassazione, mentre i due cugini stanno finalizzando la documentazione necessaria.
La Corte di Cassazione, ultima istanza di giudizio, sarà chiamata a esaminare attentamente i motivi di appello e a confermare o meno le sentenze di appello, segnando un capitolo cruciale in questa complessa e dolorosa vicenda giudiziaria.
Il caso Saman Abbas, più che un singolo omicidio, solleva interrogativi profondi sulla gestione delle dinamiche familiari, l’integrazione culturale e la necessità di tutelare i diritti delle donne, anche a costo di contrastare tradizioni radicate e pericolose.







