La Regione Emilia-Romagna ha intrapreso un’iniziativa di portata epocale nel contrasto all’epatite C, implementando una campagna di screening gratuita che ha coinvolto un bacino di popolazione vastissimo, circa 488.065 individui nati tra il 1969 e il 1989, e una quota significativa di soggetti ad alto rischio, circa 19.732 persone, tra detenuti e individui con problematiche legate alla dipendenza.
I risultati preliminari, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica *Viruses* dall’Università di Bologna, delineano un quadro complesso ma incoraggiante, proiettando l’Emilia-Romagna come avanguardia nella lotta contro un’infezione globale ancora devastante.
Lo screening, esteso su un arco temporale che va dal 2022 al 2024, ha permesso di identificare 1.032 positivi all’HCV, un numero che, pur inferiore alle aspettative nella popolazione generale – circa un caso ogni mille test – riflette una concentrazione significativamente più alta tra le categorie vulnerabili, dove si registra un’incidenza di 24 infezioni ogni mille test effettuati.
Questa disparità sottolinea l’importanza cruciale di indirizzare specificamente gli interventi di screening verso le fasce di popolazione più esposte al rischio di contagio, comprendendo non solo fattori demografici, ma anche contesti sociali ed economici che favoriscono la trasmissione del virus.
L’epatite C, malattia infettiva cronica e silente, rappresenta una sfida globale di sanità pubblica.
Stime autorevoli indicano circa 70 milioni di persone infette nel mondo, con un tributo annuale di 350.000 decessi.
La trasmissione avviene prevalentemente attraverso contatto con sangue infetto, e sebbene oggi esistano terapie altamente efficaci, capaci di eradicare il virus in un’alta percentuale di casi, la diagnosi precoce rimane il cardine per prevenire complicanze gravissime come cirrosi epatica, insufficienza renale e cancro al fegato.
L’impegno dell’Emilia-Romagna si inserisce in un contesto internazionale caratterizzato dall’obiettivo ambizioso fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: l’eliminazione dell’epatite C come minaccia primaria per la salute pubblica entro il 2030.
Questo obiettivo richiede un approccio multidisciplinare, che integri campagne di screening di massa con interventi mirati, sensibilizzazione del pubblico, miglioramento dell’accesso alle cure e lotta contro lo stigma associato alla malattia.
La campagna emiliano-romagnola non è solo un’iniziativa locale, ma un modello potenzialmente replicabile su scala nazionale e internazionale.
I dati raccolti e analizzati dall’Università di Bologna forniranno informazioni preziose per ottimizzare le strategie di screening, affinare le politiche di prevenzione e, soprattutto, garantire che ogni individuo, indipendentemente dalla sua condizione sociale o geografica, possa accedere alla diagnosi precoce e alle terapie salvavita.
L’impegno continuo e l’ampliamento della consapevolezza rimangono elementi imprescindibili per raggiungere l’eradicazione di questa patologia e proteggere la salute delle generazioni future.