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martedì 4 Novembre 2025

Revocata la semilibertà a Cavallini, ergastolano per la strage di Bologna.

A distanza di anni dalla concessione, la semilibertà a Gilberto Cavallini, figura controversa legata agli eventi drammatici del 2 agosto 1980, è stata revocata.
La decisione, emessa dal giudice di sorveglianza di Spoleto, pone fine a un capitolo complesso e segnato da profonde ferite nella storia giudiziaria italiana.

Cavallini, 73 anni, ex membro del gruppo neofascista NAR, è condannato in via definitiva all’ergastolo per il ruolo svolto nella strage di Bologna, attentato che costò la vita a 85 persone e ne ferì centinaia.

La revoca della semilibertà, un privilegio concesso nel 2017, segue una richiesta della Procura Generale di Bologna, che ha evidenziato come le recenti pronunce della Corte d’Assise d’Appello bolognese abbiano reso insostenibile la coesistenza tra la misura alternativa alla detenzione e le sanzioni ancora pendenti.

In particolare, la Corte ha aumentato gli anni di isolamento da scontare a tre, estendendone uno in aggiunta alla condanna già in atto.
Questa decisione, che implica un regime di detenzione più restrittivo, è stata considerata dal giudice Fabio Gianfilippi, responsabile della decisione di revoca, incompatibile con i benefici della semilibertà.
L’episodio riapre il dibattito sulla gestione delle condanne per crimini di matrice terroristica e sul bilanciamento tra la riabilitazione del detenuto e la necessità di garantire la giustizia e il rispetto per le vittime e i loro familiari.
La vicenda Cavallini è un monito sulla fragilità delle misure alternative alla detenzione quando si confrontano con la gravità dei reati commessi e con la persistente richiesta di giustizia che emana dalla società.
La decisione del giudice di sorveglianza sottolinea, inoltre, come l’evoluzione del quadro giudiziario e l’aggravarsi delle condizioni di pena possano portare a una revisione delle misure di libertà condizionale, anche quando queste sono state precedentemente concesse.
La custodia cautelare, in questo contesto, si configura come un elemento imprescindibile per salvaguardare l’ordine pubblico e ristabilire un senso di equità nei confronti di chi ha subito la violenza.

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