La recente sentenza n. 570/2025 del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia-Romagna ha aperto una significativa breccia nel panorama giuridico italiano relativo al riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, annullando il diniego prefettizio di Ferrara e sancendo il diritto di un minore nato nei Paesi Bassi da due madri unite civilmente ad avere il doppio cognome materno.
Questo caso, apparentemente specifico, solleva questioni di ampio respiro in merito alla definizione di filiazione, all’identità anagrafica dei minori e all’applicazione dei principi costituzionali di uguaglianza e non discriminazione.
La vicenda trae origine da una riforma legislativa olandese che ha esteso il diritto all’attribuzione del cognome a entrambi i genitori nelle coppie unite civilmente.
In seguito a tale modifica, le madri, che avevano generato il figlio tramite procreazione medicalmente assistita all’estero, hanno presentato istanza alla Prefettura italiana per l’aggiornamento dell’atto di nascita del bambino, al fine di riflettere la nuova realtà familiare.
La risposta prefettizia, basata su una interpretazione restrittiva del diritto di famiglia, aveva negato l’istanza sostenendo la mancata equiparazione giuridica delle coppie dello stesso sesso in termini di genitorialità.
Il TAR, con la sentenza in oggetto, ha ribaltato questa interpretazione, evidenziando come la richiesta non mirasse a contestare lo status di filiazione, già pienamente riconosciuto, bensì a garantire la coerenza dell’identità anagrafica del minore con quella validamente accertata all’estero.
I giudici hanno dichiarato infondata la motivazione del rigetto, giudicandola carente di una adeguata istruttoria e illogica nella sua correlazione con la questione della genitorialità omosessuale.
In altre parole, la negazione del doppio cognome si sarebbe configurata come una forma di discriminazione indiretta, lesiva del diritto del minore a un’identità familiare completa e coerente.
La decisione si inserisce in un contesto di evoluzione giurisprudenziale, rafforzata dalla recente pronuncia n. 68/2025 della Corte Costituzionale.
Quest’ultima ha infatti dichiarato l’illegittimità del divieto di riconoscimento della madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali, consolidando il principio cardine che l’interesse superiore del minore debba prevalere su qualsiasi rigidità interpretativa o ostacolo normativo.
La sentenza del TAR, pertanto, si pone in continuità con questo percorso di adeguamento del diritto italiano ai principi di tutela dei diritti fondamentali e di promozione dell’uguaglianza sostanziale.
La vittoria legale, celebrata dagli avvocati Francesco Leone, Simona Fell, Cathy La Torre, Silvia Gorini e Giuseppe Spiezia, non rappresenta solamente un traguardo per la specifica famiglia coinvolta, ma simboleggia un passo avanti cruciale nella direzione del riconoscimento della dignità e dei diritti delle famiglie omogenitoriali.
Si tratta di una vittoria che rafforza il diritto dei minori a una identità familiare pienamente riconosciuta, al di là delle preferenze sessuali dei genitori, e che invita a una riflessione più ampia sulla necessità di superare pregiudizi e stereotipi ancora radicati nel tessuto sociale e giuridico italiano, in linea con i valori fondanti dell’Unione Europea e della Convenzione sui diritti del fanciullo.
La sentenza, in definitiva, apre a una più ampia rivisitazione dei concetti di filiazione e genitorialità, auspicando un futuro in cui i diritti dei bambini siano prioritari e ineludibili, indipendentemente dalla forma della famiglia di appartenenza.







