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martedì 11 Novembre 2025

Amleto Solo: Un’immersione nell’anima del principe danese.

Lenz Fondazione consacra un ventennale percorso di indagine sul teatro dell’esperienza incarnata, focalizzandosi su una figura archetipica: Amleto.

“Hamlet Solo”, proposto dalla compagnia parmigiana alle Ape Parma Museo (via Farini 32/a) in un’unica rappresentazione serale, non è una trasposizione fedele del dramma shakespeariano, bensì una *rielaborazione* che ne esplora le profondità psicologiche e metafisiche.
Si tratta di un’immersione radicale nel monologo interiore del principe danese, un’esplorazione che si è evoluta nel tempo, passando per diverse declinazioni sceniche – dalla Rocca dei Rossi a San Secondo, alla Reggia di Colorno, fino al suggestivo Teatro Farnese – per giungere a questa nuova, essenziale configurazione.

La scelta di Barbara Voghera come interprete principale non è casuale: la sua capacità di incarnare l’interiorità tormentata di un personaggio complesso si rivela cruciale per la riuscita dell’operazione.
Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, direttori artistici, hanno optato per un approccio minimalista, privando il palcoscenico di elementi scenografici superflui per concentrare l’attenzione sull’attrice e sulla sua performance.
L’utilizzo di sottotitoli, sia in italiano che in inglese, mira a rendere lo spettacolo fruibile a un pubblico più ampio, aprendo la porta a una più profonda comprensione delle sfumature linguistiche e concettuali dell’opera.

“Hamlet Solo” disseziona l’immagine tradizionale del principe danese, smontandone la costruzione per rivelare l’essenza di un’anima ferita, orfana di affetti, dilaniata dal dubbio e dalla precarietà dell’esistenza.
L’Amleto che emerge non è il vendicatore eroico della rilettura convenzionale, ma un uomo fragile, esposto alla vertigine del vuoto, costretto a confrontarsi con la corruzione morale e la perdita di significato.

L’attrice, unica presenza fisica in scena, non recita il ruolo, ma *diventa* Amleto.

Attraverso una complessa partitura gestuale e vocale, incarna non solo il principe danese, ma anche tutti gli altri personaggi che popolano il dramma shakespeariano: Orazio, la Regina Gertrude, il Fantasma del padre, il perfido Re Claudio, Polonio, Ophelia.
Questi personaggi non appaiono materialmente, ma si manifestano come presenze eteree, come echi di memorie e spettri del passato che aleggiano sulla coscienza tormentata di Amleto.
La narrazione si frantuma in frammenti di testo originale, intrecciati a momenti di intensa introspezione, epifanie di ricordi perduti, visioni oniriche.

Lo spettatore è immerso nel flusso di coscienza del protagonista, testimone privilegiato della sua disperazione, della sua rabbia, della sua solitudine.
I dialoghi, le interazioni con gli altri personaggi, si trasformano in un duello interiore, una lotta titanica tra l’attrice e se stessa, un viaggio sensuale e visionario alla scoperta dei confini tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto, tra la realtà e l’illusione, tra la vita e la morte.

L’opera si configura dunque non come una rappresentazione, ma come una *risonanza*, un’eco profonda che vibra nell’animo dello spettatore, invitandolo a interrogarsi sul senso dell’esistenza e sulla natura della verità.

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