L’Emilia-Romagna, barometro sensibile delle dinamiche economiche nazionali, registra nei primi nove mesi del 2025 un quadro preoccupante per l’occupazione, segnato da un’impennata significativa delle ore di cassa integrazione.
I dati forniti dall’osservatorio INPS, elaborati dalla CGIL regionale, evidenziano un aumento complessivo dell’11,4% rispetto allo stesso periodo del 2024 e un incremento vertiginoso del 71,2% rispetto al 2023, traducendosi in 45 milioni di ore autorizzate.
Questo dato, puramente quantitativo, cela una realtà ben più complessa: l’aumento della cassa integrazione *straordinaria*, strumento di ultima istanza per le aziende in profonda crisi strutturale, emerge come il segnale più allarmante (+37,6% sul 2024, +142,6% sul 2023).
Questa crescita esponenziale non è un fenomeno isolato, ma riflette un declino più ampio del tessuto industriale regionale, e nazionale.
A livello nazionale, le ore di cassa integrazione autorizzate raggiungono i 419 milioni, con un aumento del 18,5% rispetto all’anno precedente, sottolineando l’estensione del problema.
L’incremento degli ammortizzatori sociali non si configura come un effetto isolato, bensì come sintomo di una profonda crisi sistemica.
Il rallentamento della produzione industriale, ininterrotto da ben 30 mesi, si accompagna a un aumento dei fallimenti aziendali, delle delocalizzazioni produttive – spesso motivate dalla ricerca di costi del lavoro inferiori – e a un preoccupante incremento delle aziende in stato di difficoltà finanziaria e dei posti di lavoro a rischio.
Questo scenario, secondo Massimo Bussandri, segretario della CGIL Emilia-Romagna, richiede un intervento governativo urgente e strutturale, che al momento appare assente.
La manovra finanziaria, a suo dire, non prevede misure concrete per stimolare gli investimenti, promuovere politiche industriali mirate e sostenere la transizione verso un’economia più sostenibile e resiliente.
Il peso maggiore grava sulle filiere strategiche per l’economia regionale: la meccanica, l’automotive e la moda, settori cruciali per l’export e l’innovazione.
L’attivazione di circa 50 tavoli di crisi, distribuiti tra ministeri, Regione, prefetture ed enti locali, testimonia la gravità della situazione e coinvolge direttamente circa 10.000 lavoratori in tutta la regione.
Questi tavoli rappresentano un tentativo di mediazione tra sindacati, aziende e istituzioni, al fine di individuare soluzioni per la salvaguardia dei posti di lavoro e la riqualificazione delle competenze.
L’analisi territoriale rivela disparità significative.
Piacenza, Reggio Emilia e Bologna registrano gli aumenti più marcati, indicando aree particolarmente vulnerabili.
Rimini e Ravenna, invece, mostrano un andamento in controtendenza, sebbene insufficiente a compensare il quadro complessivo.
Il comparto del legno emerge con una crescita esponenziale (+64,4% sul 2024), mentre la meccanica, con quasi 30 milioni di ore autorizzate, continua a rappresentare un punto critico.
Questo incremento riflette la difficoltà di queste industrie ad affrontare le sfide della globalizzazione, la concorrenza internazionale e l’impatto delle nuove tecnologie.
La mobilitazione sindacale del 25 ottobre e le successive iniziative rappresentano una risposta concreta alla crescente insicurezza lavorativa e alla mancanza di una visione strategica per il futuro del sistema produttivo italiano.
L’urgenza di un cambio di rotta politico-economico è inequivocabile.







