L’inchiesta sulla tragica scomparsa di Cinzia Pinna, la giovane donna assassinata nella Gallura, si articola attorno all’autopsia eseguita a Sassari dal medico legale Salvatore Lorenzoni, un esame complesso gravato dalle condizioni estreme in cui è stato ritrovato il corpo.
La ricostruzione forense, sebbene preliminare, si concentra sull’assenza di evidenze inequivocabili di violenza sessuale, un aspetto cruciale che necessita di approfondimenti attraverso analisi genetiche specialistiche sui tessuti prelevati.
La determinazione del profilo genetico dell’aggressore, in particolare, rappresenta un tassello fondamentale per confermare o smentire ipotesi investigative e fornire elementi concreti per la costruzione di un quadro accusatorio solido.
Le condizioni del corpo, esposto agli agenti atmosferici e predato da fauna selvatica per dodici giorni, hanno reso l’autopsia particolarmente ardua, complicando l’interpretazione delle lesioni e ostacolando la raccolta di prove.
La restituzione della salma alla famiglia è prevista a breve, preparando il terreno per il rito funebre, che si terrà nella Cattedrale di Castelsardo, luogo simbolo dell’identità e delle radici della vittima.
La comunità, profondamente scossa, si prepara a dare l’ultimo saluto a Cinzia, figlia di stimati ristoratori e sorella di una donna che, con tempestività e angoscia, lanciò l’allarme alla vigilia della tragica scoperta.
La morte di Cinzia Pinna è stata certificata come conseguenza diretta di tre colpi di arma da fuoco al viso, uno dei quali, inferto alla mandibola, si è rivelato fatale.
L’indagine, tuttavia, non si limita all’identificazione e alla condanna dell’autore materiale del reato, Emanuele Ragnedda, ma si estende a tutti coloro che potrebbero aver concorso, in qualche modo, nel crimine.
In questo contesto, l’attenzione degli inquirenti si concentra su Luca Franciosi, il giovane manutentore stagionale, e su Rosa Maria Elvo, ristoratrice di San Pantaleo, entrambi indagati per favoreggiamento.
Per acquisire ulteriori elementi probatori, una squadra del Ris di Cagliari è tornata nella Gallura per effettuare accurate perquisizioni all’interno dei veicoli utilizzati da Ragnedda e Franciosi.
L’obiettivo è individuare tracce biologiche o manufatti che possano collegare i due indagati al crimine e gettare luce sulle dinamiche che hanno portato alla morte di Cinzia Pinna.
L’analisi di tali reperti, unitamente alle confessioni di Ragnedda e alle testimonianze raccolte, contribuirà a delineare un quadro completo e dettagliato della vicenda, nella speranza di fare luce su una vicenda che ha profondamente scosso l’intera comunità sarda.






