L’atmosfera nell’aula di Tempio Pausania era densa di un’angoscia palpabile. Ciro Grillo, figura provata dall’accusa che incombeva su di lui, si è presentato in tribunale accompagnato dai suoi coimputati, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria. La requisitoria, un fiume di parole che ha riempito quasi sette ore di udienza, ha rappresentato un momento di profonda tensione. Il procuratore Gregorio Capasso, con la sua esposizione dettagliata, ha tracciato un quadro accusatorio che ha messo a dura prova la compostezza di Grillo, manifestando reazioni emotive che hanno attraversato una gamma di segni: scuotimenti del capo, una presa disperata alla testa e, infine, singhiozzi che ne hanno rivelato il profondo turbamento.Prima dell’inizio formale della sessione, iniziata intorno alle dieci e mezza, Grillo aveva concesso un breve, inatteso intervento spontaneo in un’aula per l’occasione chiusa al pubblico. Queste parole, pronunciate con voce tremante e sguardo rivolto a un punto indefinito, costituiscono un tentativo di difesa, un’affermazione di innocenza non solo per sé stesso, ma anche per i suoi compagni di imputazione. “Nessuno di noi ha mai approfittato di nessuno, di nulla,” ha dichiarato, un’affermazione che sembra voler scavare una linea di demarcazione netta tra la sua realtà e le accuse mosse.La peculiarità della situazione è amplificata dalla sua professione: Grillo è praticante avvocato, un uomo che conosce a fondo il sistema giudiziario, che ha studiato giurisprudenza proprio con l’obiettivo di comprendere le dinamiche processuali e le implicazioni legali. La sua dichiarazione, perciò, non è solo un’affermazione di innocenza, ma anche un’espressione di fiducia nel sistema giudiziario, un desiderio profondo di poter continuare a credere nella giustizia, un valore fondante della sua identità professionale e personale.L’udienza si è quindi configurata come un confronto tra due narrazioni antitetiche: quella del pubblico ministero, che ha delineato un quadro di presunta violenza e abuso, e quella di Ciro Grillo, che, attraverso le sue parole e le sue reazioni emotive, ha cercato di affermare la propria innocenza e quella dei suoi amici, invocando il diritto a un giudizio equo e alla possibilità di ripristinare la fiducia nella giustizia che, in quel momento, sembrava vacillare. Il peso delle accuse, la pressione mediatica e l’angoscia personale si sono fusi in un momento di intensa umanità, reso ancora più significativo dalla complessità della figura di Ciro Grillo, un uomo di legge messo in discussione dalla gravità delle accuse mosse a suo carico.
Tempio Pausania, Grillo al processo: angoscia, lacrime e difesa
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