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Tempio Pausania: Processo per violenza sessuale, la testimonianza chiave.

Il processo per violenza sessuale di gruppo che scuote Tempio Pausania si configura come un intricato labirinto di narrazioni contrastanti, dove la coerenza della testimonianza di una delle vittime emerge come elemento cardine per l’accusa.

Il procuratore Gregorio Capasso, nella sua arringa di replica, ha delineato una ricostruzione dettagliata degli eventi che si sarebbero verificati nella villa dei Grillo a Porto Cervo, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019, ponendo l’accento sulla discordanza tra le versioni dei presunti aggressori e la fermezza della testimonianza della giovane donna.

L’attenzione del pm si è concentrata sulla capacità di adattamento, quasi malleabile, delle dichiarazioni degli imputati – Ciro Grillo e i suoi amici genovesi, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria – di fronte alle diverse fasi delle indagini.

Questa evoluzione narrativa, questa capacità di rimodellare il racconto a seconda delle pressioni investigative, contrasta nettamente con la stabilità e l’immodificabilità della versione fornita dalla giovane donna, parte civile nel processo.
La sua testimonianza, fin dalle prime fasi, si è mantenuta immutata, un punto di riferimento solido in un mare di ambiguità e contraddizioni.

Il procuratore ha sottolineato come la difesa abbia profuso notevoli energie nel tentativo di confutare la sequenza temporale degli eventi, cercando di erigere un velo di incertezza sulla dinamica della notte.
Tuttavia, ha evidenziato come i segni di una condotta violenta fossero già evidenti nella denuncia originale e nella successiva deposizione della giovane donna.

La loro assenza di coerenza interna, la loro capacità di “plasmarsi” alle indagini, è per Capasso la chiave interpretativa che svela l’inattendibilità dei resoconti degli imputati.

La richiesta di condanna – nove anni di reclusione per ciascuno dei quattro imputati – riflette la gravità delle accuse formulate, che includono l’accusa di stupro di gruppo.
Francesco Corsiglia, l’unico a riconoscere un rapporto sessuale con la parte civile, lo ha descritto come consensuale, negando tuttavia di aver partecipato alle presunte aggressioni in concorso con gli altri.
Ora, la parola passerà all’avvocata Giulia Bongiorno, legale della studentessa italo-norvegese, che, nella sua replica, si confronterà con le argomentazioni del pm e contribuirà a delineare ulteriormente il quadro processuale.
La sua rappresentazione, in qualità di parte civile, fornirà una prospettiva cruciale nel tentativo di accertare la verità e di assicurare giustizia alla giovane donna che ha denunciato un trauma profondo e inaccettabile.

Il processo si configura come un banco di prova per il sistema giudiziario, chiamato a valutare attentamente la credibilità delle testimonianze e a tutelare la dignità della vittima.

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