“La favorita”: un’immersione nell’anima di un’opera, oltre la mera antologia di momenti lirici. Paolo Fabbri, autorevole storico della musica, ci guida in una presentazione illuminante, andata in scena al Carmen Melis, che va ben oltre la semplice recensione, offrendo una chiave di lettura profonda e sfaccettata di quest’opera donizettiana. La sua riflessione si apre con una precisazione cruciale: “La favorita” trascende la somma delle sue parti più celebri, richiedendo un ascolto olistico, capace di cogliere l’intreccio complesso di temi e personaggi che la compongono.L’analisi di Fabbri si concentra immediatamente sul titolo stesso, un elemento che rivela molto più di quanto si possa immaginare. In un contesto storico in cui le relazioni clandestine dei sovrani erano una realtà socialmente accettata, il titolo originale francese, che richiamava esplicitamente l’amante del re, si rivelò eccessivamente compromettente per l’ambiente culturale italiano. La scelta di “Leonora di Guzman” non fu un mero atto di censura, ma una strategia per rendere l’opera più digeribile a un pubblico sensibile a questioni di onore e reputazione, un meccanismo simile a quello che poi avrebbe portato a una diversa denominazione per “La traviata”.Fabbri, con la sua profonda erudizione, illumina le dinamiche contrastanti che animano la partitura: la tensione tra il dominio dei sensi e la loro irrefrenabile pulsione, la dicotomia tra malizia e ingenuità, l’apparente quiete del chiostro in opposizione alle turbolenze della vita. Questi contrasti si traducono in pagine musicali di straordinaria intensità, capaci di esprimere l’intera gamma delle emozioni umane.La messa in scena, programmata per il 6 giugno alle ore 20:30, rappresenta l’ottavo appuntamento della Stagione lirica e di balletto e vede Beatrice Venezi nuovamente alla guida dell’orchestra. L’opera, pur ambientata in un contesto storico e sociale lontano, risuona con una sorprendente attualità emotiva, evocando sentimenti universali di amore, desiderio, tradimento e delusione.Fabbri sottolinea come “La favorita” sia un’opera che parla, in definitiva, delle illusioni giovanili infrante, dei sogni nobili scontratisi con la realtà del potere, un percorso di redenzione interrotto, un conflitto tra sentimenti repressi e doveri sociali. La sua analisi pone in luce il ruolo cruciale dell’opera nella produzione donizettiana, evidenziando come la sua trasposizione in italiano riveli le strategie di mitigazione adottate per attenuare gli aspetti più controversi dell’originale francese.Un aspetto particolarmente interessante è l’esplorazione delle differenze culturali tra le due versioni: ciò che a Parigi era percepito come intrinsecamente italiano, in Italia appariva come un’espressione tipicamente francese. Questa ambivalenza culturale arricchisce la comprensione dell’opera, svelando le complesse dinamiche di scambio e adattamento che caratterizzarono la sua ricezione in contesti diversi. L’invito di Fabbri è quello di non dimenticare mai l’originale francese, anche durante l’ascolto della versione italiana, per apprezzare appieno la ricchezza e la complessità dell’opera nel suo insieme. La maestria di Donizetti emerge non solo nella composizione musicale, ma anche nella sua capacità di creare contrasti efficaci e di sfruttare al massimo il potenziale drammatico dell’opera, attraverso una trama intessuta di inganni, passioni e redenzione.
Donizetti e La favorita: un’analisi oltre la melodia
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