Nel silenzio ovattato di un ospedale, sospeso tra l’attesa e l’incertezza, si dipana la complessa narrazione de “Il Presidente Addormentato” di Gianni Caria.
Pubblicato da Bibliotheka e ora riproposto in una rinnovata collana, il romanzo esplora le implicazioni profonde di un evento inaudito: l’impossibilità di un Paese di agire mentre la sua massima carica istituzionale è intrappolata in un sonno enigmatico.
Anita Bertoli, figura emblematica di intelligenza e impegno civile, figlia di un esponente politico di lungo corso e di una madre americana combattente per la libertà, si ritrova improvvisamente al centro di questa crisi.
La sua elezione alla presidenza, coronamento di una carriera dedicata alla giustizia e al progresso sociale, è squisitamente ironica alla luce del suo stato attuale: un sonno apparentemente incurabile che paralizza l’azione governativa e mette a dura prova il delicato equilibrio delle istituzioni.
Caria, scrittore e magistrato sassarese, ci introduce a un universo dove il tempo si fa denso, quasi palpabile, mentre l’Italia si interroga sul destino della sua Presidente.
La paralisi del potere non è solo una questione formale, ma riflette una più profonda crisi di identità e di fiducia nelle istituzioni.
La narrazione si sviluppa attraverso due voci, un intreccio di prospettive che arricchisce la complessità del racconto.
Il giovane corazziere incaricato della sua sicurezza diventa il punto di osservazione privilegiato per i lettori.
I suoi pensieri, le sue riflessioni sulla propria esistenza e sul senso del suo ruolo, si specchiano nella vita della Presidente, creando un parallelo inaspettato tra il dovere formale e la ricerca di un significato più profondo.
Il suo sguardo, inizialmente distaccato e professionale, si apre gradualmente alla comprensione della fragilità umana e alla consapevolezza del peso della responsabilità.
Attraverso i silenzi di un reparto ospedaliero desolato, i lampi di ricordi che riaffiorano nella mente della Presidente, Caria dipinge un affresco intimo e rivelatore.
Riemergono il rapporto complesso con il padre, segnato da una distanza emotiva e ideologica, la figura materna, portatrice di valori universali, la relazione con Aldo, ex collaboratore del padre e custode di segreti inconfessabili.
L’autore, con una scelta stilistica provocatoria, utilizza il maschile per riferirsi alla Presidente, un’anomalia grammaticale che sottolinea l’assenza storica di figure femminili in posizioni di potere apicale.
Questa scelta, lungi dall’essere arbitraria, mira a stimolare una riflessione critica sulle dinamiche di genere e sull’evoluzione dei ruoli sociali.
La prospettiva dell’autore è chiarissima: quando la prima Presidente verrà eletta, l’uso del genere grammaticale sarà univoco e naturale, simbolo di un cambiamento culturale ormai consolidato.
“Il Presidente Addormentato” è un romanzo che invita a interrogarsi sulla natura del potere, sulla fragilità umana e sulla speranza di un futuro più giusto e inclusivo.
È una riflessione sulla capacità di resilienza, sulla forza dei legami familiari e sulla ricerca di un significato ultimo nella complessità della vita.