Un’iniziativa legislativa volta a ridefinire il concetto di convenienza negli appalti pubblici regionali, introducendo un sistema di premialità per le imprese che garantiscono condizioni di lavoro dignitose e innovative, è stata recentemente avanzata in Consiglio Regionale.
La proposta, sostenuta da una coalizione di forze politiche di centrosinistra e M5S, si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del dumping salariale, promuovendo al contempo la responsabilità sociale d’impresa e stimolando un mercato del lavoro più equo e sostenibile.
Il cuore della proposta risiede nell’assegnazione di punteggi aggiuntivi, all’interno dei criteri di aggiudicazione degli appalti, a quelle aziende che dimostrino un impegno concreto verso il miglioramento del benessere dei propri dipendenti.
Questa premialità non si limita all’introduzione di un salario minimo, fissato a 9 euro lordi all’ora come punto di partenza, ma si estende a una serie di fattori chiave che incidono sulla qualità della vita lavorativa.
Tra questi, figurano la sicurezza sul posto di lavoro, misurata attraverso certificazioni e programmi di formazione specifici, l’implementazione di politiche di parità di genere e di sostegno all’occupazione giovanile, e la disponibilità di servizi per la cura dei bambini, come asili nido aziendali o aree gioco dedicate.
La necessità di un intervento di questa natura è dettata da una realtà socio-economica preoccupante: secondo i dati disponibili, una parte significativa della forza lavoro italiana percepisce retribuzioni al di sotto della soglia di 800 euro mensili, un dato che si accentua ulteriormente in alcune regioni, come la Sardegna.
L’assenza di una legislazione nazionale in materia di salario minimo, una peculiarità che distingue l’Italia rispetto a molti altri Paesi europei, rende l’iniziativa regionale un segnale forte e un modello potenzialmente replicabile.
L’ambito di applicazione della norma è ampio e comprende contratti di appalto e concessioni stipulati dalla Regione, dagli enti locali, dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e dalle società a partecipazione regionale.
L’obiettivo è quello di estendere l’influenza di questi criteri di premialità a un vasto numero di interventi pubblici, contribuendo a plasmare un sistema di appalti più attento alle esigenze dei lavoratori e alla tutela dei diritti fondamentali.
Tuttavia, l’iniziativa non è esente da critiche e resistenze.
Rappresentanti dell’opposizione sollevano dubbi sulla legittimità di un intervento regionale in un’area che, a loro avviso, rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di legislazione del lavoro.
Si teme inoltre che la normativa possa penalizzare le piccole imprese e i lavoratori autonomi che operano al di fuori del circuito degli appalti pubblici regionali, creando una disparità di trattamento che non favorisce la concorrenza leale.
La precedente approvazione di misure simili in altre regioni, come Toscana e Umbria, e la successiva impugnazione da parte del Governo, rafforzano questi timori e alimentano un dibattito ampio e articolato sulla legittimità e l’efficacia dell’intervento regionale.
L’auspicio è che il confronto costruttivo tra le diverse posizioni possa portare a una soluzione condivisa che promuova al contempo la tutela dei lavoratori e la crescita economica del territorio.








