La recente iniziativa legislativa volta a uniformare le retribuzioni del personale dipendente degli enti locali e della Regione Sardegna segna un punto di svolta atteso da due decenni, potenzialmente in grado di rimodellare il panorama amministrativo dell’Isola.
Il provvedimento, ora in discussione nell’Aula del Consiglio regionale e destinato a un voto a breve, formalizza l’istituzione dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione e degli enti locali (Aran Sardegna), come previsto dall’articolo 12 della legge regionale 9 del 2006, configurandosi però come il primo tassello di un progetto di riforma più ampio.
L’avvio del dibattito, animato da rappresentanti sindacali e dipendenti pubblici, ha visto convergenza di intenti tra le forze politiche, con le relazioni introduttive presentate rispettivamente dal consigliere Salvatore Corrias (Pd) e dal collega Angelo Cocciu (Fi).
Corrias ha sottolineato come la legge rappresenti l’inizio di un percorso di rinnovamento profondo, evidenziando la perdita di oltre quattromila dipendenti negli ultimi dieci anni, un fenomeno che ha eroso la capacità operativa dei comuni sardi.
L’obiettivo primario, dunque, è quello di restituire attrattività al posto pubblico, incentivando la permanenza e favorendo il reclutamento di personale qualificato, con l’auspicio di migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi offerti a tutti i cittadini sardi.
Il testo legislativo, strutturato in tre capitoli e comprendente circa venti articoli, introduce una nuova architettura organizzativa, il “Sistema dell’amministrazione pubblica della Sardegna”, articolato in un livello regionale centrale e uno territoriale-locale.
Questo sistema si pone come fulcro per la gestione della contrattazione collettiva, affidata all’Aran Sardegna, che assumerà il ruolo di rappresentante legale della Regione e degli enti locali nelle trattative sindacali e nell’erogazione di assistenza contrattuale.
Un aspetto cruciale è la previsione di un’armonizzazione graduale dei trattamenti retributivi, volta a garantire la sostenibilità finanziaria dell’iniziativa, con un approccio modulare che si declinerà nel corso di successive tornate contrattuali.
La determinazione dei fabbisogni di personale sarà guidata da criteri specifici e trasparenti, assicurando una gestione efficiente delle risorse umane.
Nonostante il consenso generale sull’importanza della riforma, sono state sollevate alcune preoccupazioni da parte dell’opposizione.
In particolare, Fausto Piga, Alessandro Sorgia ed Emanuele Cera (Fdi), insieme ad Alberto Urpi (Sardegna al Centro), hanno espresso dubbi riguardo alla mancata consultazione con il Governo centrale, con il timore di un’eventuale impugnazione da parte dello Stato.
Urpi, in particolare, ha lanciato un appello a non alimentare false speranze in una popolazione che attende questi miglioramenti da troppo tempo, sottolineando l’importanza di tradurre le promesse legislative in azioni concrete e risultati tangibili.
La sfida ora è quella di garantire che la riforma non rimanga una mera formalità, ma si traduca in un reale miglioramento delle condizioni di lavoro del personale pubblico sardo e in un servizio più efficiente e accessibile per tutti i cittadini.
Il successo dell’iniziativa dipenderà dalla capacità di Regione ed enti locali di allocare le risorse necessarie e di garantire un’implementazione efficace del nuovo sistema di contrattazione collettiva.










