La crisi che affligge la sanità montana italiana si acuisce, alimentata da scelte governative che sembrano orientate verso una progressiva desertificazione socio-sanitaria di queste aree. L’approvazione del nuovo Piano Strategico Nazionale, con la sua apparente rassegnazione di fronte allo spopolamento, si traduce in tagli e ridimensionamenti che minacciano l’esistenza stessa di strutture vitali come l’Ospedale ‘Caracciolo’ di Agnone, in provincia di Isernia. Questa realtà, cuore pulsante di un territorio fragile e anziano, rischia di essere ridotta a un guscio vuoto.Il sindaco di Agnone, Daniele Saia, ha espresso con forza il suo allarme, sottolineando come la proposta di riorganizzazione della Struttura Complessa di Medicina Interna, dovuta a una cronica carenza di personale medico, rappresenti un punto di non ritorno. La gestione aziendale, attraverso il direttore del Dipartimento Strutturale Medico dell’ASRem, Nicola Iorio, ha tentato di mitigare la situazione con una soluzione temporanea: un accorpamento funzionale con la Medicina Interna dell’ospedale di Isernia. Una mossa che, pur presentata come emergenza, cela l’amara constatazione dell’impoverimento progressivo delle risorse dedicate alla montagna.Questa soluzione provvisoria, lungi dal risolvere il problema, ne aggrava la percezione di abbandono. Il sindaco Saia ha contestato fermamente questa decisione, denunciando la sua inaccettabilità e preannunciando una mobilitazione più ampia e decisa. La proposta di accorpamento non è semplicemente una riorganizzazione clinica, ma un segnale tangibile di una politica che penalizza chi vive in aree interne, costringendo cittadini a percorrere lunghe distanze per accedere a cure essenziali.La questione non si limita alla perdita di posti letto o alla riduzione dei servizi offerti. Essa solleva interrogativi più profondi sulla definizione stessa di “equità sanitaria” e sulla necessità di garantire a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo di residenza, un accesso dignitoso alle cure. Il futuro dell’Ospedale ‘Caracciolo’ e, più in generale, della sanità montana, è strettamente legato alla capacità di invertire questa tendenza, investendo in risorse umane e infrastrutturali, e riconoscendo il valore inestimabile di questi territori, non solo come custodi di un patrimonio naturale e culturale unico, ma anche come comunità da tutelare e sostenere. La sfida è complessa, ma la mobilitazione che si profila all’orizzonte dimostra la determinazione di una comunità che non intende rassegnarsi al proprio declino.
Sanità montana a rischio: l’ospedale ‘Caracciolo’ al limite
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