L’Italia si trova di fronte a una congiuntura economica di inedita gravità.
Per oltre ventiquattro mesi, un periodo senza precedenti nella storia repubblicana, la produzione industriale subisce un declino ininterrotto, un sintomo di squilibri strutturali e di fragilità intrinseche al sistema produttivo nazionale.
L’affermazione, pronunciata a Termoli durante la Festa dell’Unità, sottolinea una situazione che merita un’analisi approfondita e azioni correttive urgenti.
La polemica sollevata non si limita alla constatazione del crollo industriale, ma si concentra sulle priorità politiche che lo accompagnano.
L’allocazione di risorse ingenti, quindici miliardi di euro, per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, a discapito di altri settori cruciali, desta preoccupazione.
Questa scelta strategica, sebbene possa avere una valenza simbolica e di sviluppo infrastrutturale, rischia di aggravare ulteriormente la situazione industriale, soprattutto in relazione alla salvaguardia dei posti di lavoro nel settore automobilistico, cruciale per l’occupazione in diverse aree del Paese.
L’emergenza Stellantis, con le sue implicazioni sulla catena di fornitura, sulle competenze dei lavoratori e sulla competitività del settore, impone una riflessione critica sulle scelte di politica economica.
Investire massicciamente in progetti infrastrutturali di grande impatto, sebbene potenzialmente benefici per il futuro, non può prescindere dalla tutela del tessuto produttivo esistente e dalla salvaguardia dell’occupazione.
Una politica economica equilibrata richiede un’allocazione delle risorse che tenga conto non solo delle visioni di sviluppo a lungo termine, ma anche delle necessità immediate e delle criticità emergenti.
La crisi industriale non è un fenomeno isolato, ma il risultato di una combinazione di fattori, tra cui la transizione ecologica, la competizione globale, la volatilità dei mercati energetici e le conseguenze della guerra in Ucraina.
Affrontare questa sfida complessa richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga il governo, le parti sociali, il mondo accademico e le imprese.
È necessario promuovere l’innovazione, la digitalizzazione, la formazione professionale e la ricerca di nuovi mercati.
Allo stesso tempo, è fondamentale sostenere le imprese esistenti, semplificare la burocrazia, ridurre il costo dell’energia e garantire un accesso al credito agevole.
In definitiva, la priorità dovrebbe essere quella di proteggere e rafforzare il sistema produttivo italiano, creando le condizioni per una crescita sostenibile e inclusiva.
Trascurare la tutela dei posti di lavoro e il rilancio dell’industria significherebbe compromettere il futuro del Paese e condannare intere comunità a un destino di precarietà e disoccupazione.
L’attenzione alla produzione industriale non è una questione secondaria, ma un imperativo per il benessere economico e sociale dell’Italia.