Calabria, asilo: disfunzioni sistemiche e violazione diritti

La gestione del diritto d’asilo in Calabria, e in particolare nelle province di Cosenza e Crotone, è afflitta da disfunzioni sistemiche che compromettono gravemente i diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale, configurando un quadro di inefficienza amministrativa, opacità procedurale e, potenzialmente, violazione dei principi costituzionali.
È quanto denuncia l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), con il sostegno di una rete di venti realtà territoriali e di professionisti del settore, in una lettera di segnalazione indirizzata al Ministero dell’Interno, alle Prefetture e alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo.

Il nodo cruciale risiede nell’accesso alla procedura d’asilo, ostacolato da tempi d’attesa biblici e da una gestione informale che, nella Questura di Cosenza, porta a fissare appuntamenti per la formalizzazione addirittura a marzo 2026.
Questo scenario crea una condizione di “limbo” per i richiedenti, privandoli di un permesso di soggiorno provvisorio e, di conseguenza, impedendo loro l’accesso a servizi essenziali: assistenza sanitaria, possibilità di lavoro legale, alloggio dignitoso e inclusione nei programmi di accoglienza.
L’imposizione di documentazione non prevista dalla legge e il divieto di accesso agli avvocati durante le fasi procedurali aggravano ulteriormente la situazione, configurando potenziali irregolarità nella conduzione delle pratiche.

Il quadro non è migliore a Crotone, dove i tempi di convocazione davanti alla Commissione territoriale possono protrarsi fino a due anni dalla presentazione della domanda.

La lentezza processuale si accompagna a una qualità discutibile delle decisioni, caratterizzate da un numero elevato di dinieghi standardizzati, apparentemente privi di un’analisi approfondita delle specifiche condizioni individuali e delle reali situazioni nei paesi d’origine.

Le segnalazioni interne alla Commissione, riportate dall’ASGI, rivelano un approccio superficiale e una scarsa consapevolezza del ruolo cruciale dei commissari, con affermazioni allarmanti come “tanto poi c’è il ricorso”, che suggeriscono una mancanza di impegno nell’applicazione corretta della legge e una sottovalutazione delle conseguenze per i richiedenti.
La gravità della situazione è accentuata dal tasso elevato di ribaltamento delle decisioni in sede giudiziaria.

La stragrande maggioranza dei dinieghi amministrativi viene annullata in primo grado, indicando che le domande avrebbero potuto (o dovevano) essere accolte in via amministrativa, evitando di gravare inutilmente sul Tribunale di Catanzaro e risparmiando risorse preziose.
Questo fenomeno suggerisce non solo errori procedurali, ma anche una potenziale mancanza di competenza o di volontà politica nell’applicazione dei criteri di accoglienza.
Un ulteriore elemento di criticità riguarda la Protezione Speciale, un meccanismo di tutela per i richiedenti particolarmente vulnerabili.

Le valutazioni in merito a questa forma di protezione sono spesso assenti o superficiali nei provvedimenti della Commissione, nonostante l’obbligo di valutarne i presupposti.
Anche in presenza di prove documentali a sostegno di un percorso di integrazione positivo, i pareri rilasciati sono prevalentemente negativi.
La situazione attuale contrasta profondamente con il modello di gestione del fenomeno migratorio che, in passato, la Commissione di Crotone era riuscita a costruire, un modello basato sulla collaborazione tra istituzioni e territorio e riconosciuto come virtuoso.

L’abbandono di questo modello, secondo le associazioni, ha portato a un deterioramento dei rapporti e a una perdita di fiducia nel sistema.

L’ASGI e le organizzazioni firmatarie sollecitano un intervento urgente da parte del Ministero dell’Interno e della Commissione nazionale per il diritto d’asilo, al fine di ripristinare il pieno rispetto dei diritti dei richiedenti protezione internazionale, garantire la trasparenza e l’efficienza delle procedure amministrative, e correggere le prassi ritenute lesive e contrastanti con la normativa vigente.
È imperativo che vengano attuate misure concrete per assicurare un accesso equo e tempestivo alla protezione internazionale, in linea con gli obblighi internazionali e con i principi fondamentali di umanità e giustizia.
La riqualificazione professionale dei funzionari, una maggiore supervisione delle decisioni e un rafforzamento della collaborazione tra le istituzioni sono elementi chiave per una gestione più efficace e rispettosa dei diritti umani.

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