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venerdì 24 Ottobre 2025

Sequestro da un milione: imprenditore funebre nel mirino della mafia.

Un’operazione patrimoniale di notevole portata, culminata nel sequestro di beni per un valore complessivo di circa un milione di euro, ha colpito un imprenditore della Locride, operante nel settore delle onoranze funebri, indiziato di essere stato un elemento chiave all’interno della pericolosa aggregazione criminale composta dalle cosche Morabito, Bruzzaniti e Palamara.
L’azione, orchestrata dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su impulso della Distrettuale Antimafia, presieduta dal procuratore Giuseppe Borrelli, rappresenta un esempio concreto di applicazione delle misure patrimoniali previste dalla normativa antimafia, volte a contrastare il reimpiego di capitali illeciti.
L’indagine, successiva alla condanna definitiva risalente al 2019 per associazione mafiosa, ha messo in luce un divario significativo tra le dichiarazioni di reddito presentate dall’imprenditore e la reale consistenza del suo patrimonio.
La figura dell’imprenditore, emersa dalle complesse indagini e dalle intercettazioni, non si limitava ad un ruolo marginale all’interno dell’organizzazione.

Al contrario, ricopriva una posizione di rilievo, gestendo incontri riservati tra esponenti mafiosi, fungendo da tramite con altre famiglie criminali e contribuendo, con la sua azione, a consolidare il potere della cosca.

Le intercettazioni hanno delineato un personaggio caratterizzato non solo da una notevole capacità di collegamento, ma anche da un’inclinazione alla violenza e da un’apparente sicurezza nell’utilizzo di armi, rinvenute pronte all’uso nel suo domicilio durante l’arresto.

Questa capacità di ricorrere alla forza, unita all’apprezzamento ricevuto dai capi cosca, testimonia un ruolo attivo nella gestione delle dinamiche interne all’organizzazione e nella risoluzione di conflitti con altre realtà criminali.
L’onore, in questo contesto, assume una valenza di primaria importanza, richiedendo una tutela aggressiva.
L’indagine patrimoniale, condotta dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Melito Porto Salvo e dallo SCICO (Unità Speciale di Ricerca Contrapposizione Crimine Economica), ha esaminato meticolosamente i flussi finanziari e la titolarità di beni immobiliari e finanziari riconducibili all’imprenditore.

L’analisi documentale ha rivelato una progressiva e significativa crescita del patrimonio, manifestamente incongrua rispetto ai redditi dichiarati, suggerendo la provenienza illecita dei fondi impiegati.

Il provvedimento di sequestro, che si estende a dieci immobili, conti correnti, libretti di deposito, titoli di stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito e polizze assicurative, mira a privare l’indagato dei frutti dei suoi presunti illeciti e a costituire un segnale di dissuasione nei confronti di chi intende reinvestire capitali derivanti da attività criminali.

L’operazione rappresenta un tassello fondamentale nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata, dimostrando l’efficacia delle misure patrimoniali come strumento di pressione e di recupero di risorse da destinare a fini sociali.

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