Il Ministero dell’Istruzione ha introdotto un elemento di inattesa rilevanza nella prima prova degli esami di maturità, allontanandosi dalle prevedibili traiettorie delle “toto tracce” e suscitando un’eco di approvazione generalizzata. L’inedita scelta didattica si configura come una profonda iniezione di coscienza civile, affidando ai maturandi un brano tratto dagli scritti di Paolo Borsellino, figura emblematica della lotta alla criminalità organizzata.La selezione non è casuale: il testo in questione, tratto da un’opera minore del magistrato, rivela una visione serena e fiduciosa nel potenziale della gioventù italiana, una luce di speranza che permea anche le pagine più cupe della sua esperienza. Borsellino, falciato dalla violenza mafiosa in via D’Amelio esattamente trentatré anni fa, non lascia un messaggio di rassegnazione o di disillusione, bensì un appello alla consapevolezza critica e alla responsabilità generazionale.La scelta del Ministero, al di là del suo valore pedagogico immediato, si inserisce in un contesto più ampio: la necessità urgente di contrastare la normalizzazione della mafia nella società contemporanea. Non si tratta solo di criminalità, ma di una mentalità, di una cultura dell’illegalità che corrompe i valori, paralizza lo sviluppo e mina la fiducia nelle istituzioni. La mafia non è un fenomeno marginale, confinato a specifiche aree geografiche; si insinua nel tessuto sociale, sfruttando le fragilità economiche, le disuguaglianze e la mancanza di opportunità.Il brano di Borsellino, lungi dall’essere un mero esercizio di analisi testuale, diventa uno strumento per stimolare una riflessione più ampia sulla storia d’Italia, sulle radici della criminalità organizzata e sulle conseguenze devastanti che essa comporta per il Paese. La maturità, in questo contesto, non è solo il conseguimento di un titolo di studio, ma l’acquisizione di una coscienza critica e di un impegno civile.Il testo del magistrato offre ai giovani l’opportunità di interrogarsi su temi cruciali come la giustizia, l’onore, la legalità, il rispetto per gli altri e la costruzione di una società più equa e inclusiva. Richiede, inoltre, un’attenta valutazione del concetto di “speranza”, non intesa come ingenua illusione, ma come forza propulsiva per il cambiamento, come volontà di non arrendersi di fronte alle difficoltà e di lottare per un futuro migliore.L’iniziativa del Ministero, dunque, va oltre la semplice verifica delle competenze linguistiche e di comprensione del testo; si configura come un investimento nel futuro del Paese, come un invito a coltivare i valori della legalità, della responsabilità e dell’impegno civile, affinché le generazioni future possano costruire un’Italia libera dalla paura e dalla criminalità. È un monito a non dimenticare il sacrificio di Paolo Borsellino e dei suoi colleghi, e a continuare la loro opera di contrasto alla mafia, con determinazione e coraggio.