La scomparsa di Padre Fedele Bisceglia, avvenuta all’età di 87 anni, lascia un vuoto profondo nel tessuto sociale e religioso di Cosenza e oltre.
La sua esistenza, intessuta di fede, impegno sociale e una passione inaspettata per il calcio, rappresenta un ponte tra mondi apparentemente distanti, incarnando un modello di vicinanza radicale e autentica fratellanza.
Padre Fedele non era un frate come gli altri.
La sua figura, riconoscibile per la sciarpa rossoblù che indossava con orgoglio, lo legava indissolubilmente alla tifoseria del Cosenza, un’esperienza che lo avvicinava alla realtà della gente, ai suoi dolori e alle sue speranze.
La curva, per lui, non era solo un luogo di passione sportiva, ma un osservatorio privilegiato sulla vita cittadina, un terreno fertile per comprendere le dinamiche sociali e individuare chi necessitava di un aiuto concreto.
La sua missione in Africa, costellata di opere di carità e assistenza ai più vulnerabili, testimonia un’umanità sconfinata e un impegno costante per la giustizia sociale.
Allo stesso tempo, la sua dedizione ai poveri e ai bisognosi della sua città, Cosenza, riflette una profonda consapevolezza delle disuguaglianze e una volontà ferma nel contribuire a ridurle.
Non si trattava di elemosine, bensì di un’azione mirata a promuovere l’autonomia e il dignità di chi si trovava in difficoltà, offrendo supporto pratico, ascolto e una speranza tangibile.
Il soprannome “il frate ultrà”, affettuosamente attribuito dai tifosi, non era una semplice etichetta, ma un riconoscimento sincero del suo spirito combattivo, della sua capacità di entrare in sintonia con le persone, al di là delle convenzioni e delle barriere sociali.
Padre Fedele ha saputo coniugare la spiritualità con la concretezza, la fede con l’azione, la passione per il calcio con l’impegno per il prossimo.
La sua eredità non è solo quella di un sacerdote dedito alla carità, ma di un testimone coraggioso che ha dimostrato come la fede possa essere vissuta in modo attivo e partecipativo, rompendo gli schemi e abbracciando la complessità del mondo.
Il suo esempio ci invita a guardare oltre le differenze, a coltivare la solidarietà e a non dimenticare mai il volto degli ultimi, perché in loro risiede la vera essenza del Vangelo.
La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, ma il seme dell’amore e della compassione che ha piantato continuerà a germogliare nel cuore di chi lo ha conosciuto.