L’inchiesta condotta dalla Direzione Nazionale Antimafia di Roma relativa all’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci si articola in una complessa indagine investigativa, delineando due linee di approfondimento cruciali.
Il primo filone mira a ricostruire la dinamica precisa dell’evento criminoso consumatosi il 16 ottobre a Pomezia, dove un ordigno, seppur di fattura artigianale, ha inferto danni ingenti a due veicoli parcheggiati presso l’abitazione del conduttore di Report.
L’analisi tecnica forense si concentra sull’identificazione dei materiali impiegati, la traiettoria dell’esplosione e la possibile presenza di tracce balistiche o residui chimici utili per risalire agli artefici dell’azione.
Parallelamente, un secondo filone investigativo esamina nel dettaglio le reiterate denunce presentate da Ranucci a partire dal 2021.
Queste denunce, che testimoniano un escalation di minacce e intimidazioni, rappresentano un elemento chiave per comprendere il contesto in cui si è verificato l’attentato e per identificare eventuali collegamenti tra le minacce pregresse e l’azione violenta.
La natura e l’intensità delle minacce, la loro modalità di trasmissione (e-mail, telefonate, lettere) e l’eventuale identificazione di mittenti sospetti costituiscono un tassello fondamentale per l’indagine.
La Procura di Roma, in particolare la sezione di piazzale Clodio, gestisce un numero significativo di fascicoli – almeno dieci – tutti attualmente archiviati sotto la rubrica “contro ignoti”.
Questo dato, apparentemente negativo, non preclude ulteriori sviluppi, ma sottolinea l’attuale difficoltà di identificare i responsabili.
L’ampio numero di fascicoli aperti suggerisce che l’Antimafia ha seguito, e continua a seguire, diverse piste investigative, analizzando possibili legami con altre attività criminali, precedenti minacce a giornalisti e la potenziale matrice di un’azione volta a intimidire l’informazione di pubblica utilità.
L’indagine non si limita a una mera analisi delle circostanze immediate dell’attentato, ma si propone di sviscerare le motivazioni che hanno spinto a un gesto di tale gravità, sondando il terreno delle possibili connessioni tra il lavoro giornalistico di Ranucci e l’ambiente criminale, in particolare quello legato a infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e politico del territorio.
Si ipotizza, inoltre, che l’attentato possa rappresentare un messaggio più ampio, diretto a scoraggiare l’attività di cronisti impegnati a denunciare illegalità e corruzione.
La protezione della libertà di stampa e l’assicurazione dell’incolumità dei giornalisti costituiscono, in questo contesto, questioni di primaria importanza per la tenuta democratica del Paese.