Le ombre della criminalità organizzata si allungano inquietantemente sul panorama calcistico italiano, un ecosistema apparentemente dedito alla competizione sportiva, ma sempre più permeabile a infiltrazioni esterne.
Le reazioni delle istituzioni sportive, finora, appaiono insufficienti, quasi a denotare una difficoltà, o forse una riluttanza, ad affrontare un problema di natura sistemica e profondamente radicata.
Le recenti dichiarazioni del sostituto procuratore nazionale della Direzione Nazionale Antimafia, Antonio Ardituro, hanno acceso i riflettori su una realtà complessa e preoccupante.
Non si tratta di episodi isolati o di semplici devianze, bensì di una tessitura di relazioni e interessi che coinvolgono diverse componenti del mondo del pallone, dalle società sportive ai settori giovanili, passando per l’organizzazione di eventi e la gestione dei diritti televisivi.
Le mafie, come parassiti opportunisti, sfruttano la popolarità, la passione e la portata economica del calcio per riciclare capitali illeciti, esercitare controllo e influenza, e generare consenso sociale.
L’elevato volume di denaro in gioco – legato a diritti d’immagine, sponsorizzazioni, trasferimenti di giocatori e vendita di biglietti – offre un terreno fertile per operazioni finanziarie opache e riciclaggio di proventi derivanti da attività criminali.
L’infiltrazione non si limita alla sfera economica.
Le organizzazioni mafiose possono condizionare le scelte societarie, influenzare le dinamiche di mercato, manipolare i risultati sportivi e intimidire i soggetti vulnerabili, come calciatori, dirigenti e arbitri.
L’obiettivo è quello di creare un sistema di potere parallelo, capace di piegare le regole del gioco a proprio vantaggio.
Il coinvolgimento dei settori giovanili rappresenta una questione particolarmente delicata.
Le mafie individuano in questi ambienti un bacino di potenziali talenti da manipolare e sfruttare, offrendo denaro, favori e protezioni in cambio di lealtà e omertà.
Questo non solo compromette la crescita sportiva dei giovani, ma li espone al rischio di devianza e criminalità.
Le istituzioni sportive, tra cui la FIGC, la Lega Serie A e le singole società, hanno la responsabilità di attivare misure di prevenzione e contrasto più incisive.
È necessario rafforzare i controlli finanziari, promuovere la trasparenza nelle operazioni di mercato, intensificare la collaborazione con le forze dell’ordine e sensibilizzare i tesserati sull’importanza di denunciare eventuali comportamenti sospetti.
Un approccio multidisciplinare, che coinvolga magistratura, forze dell’ordine, istituzioni sportive e società civile, è fondamentale per smantellare le reti criminali e ripristinare la legalità e la credibilità del calcio italiano.
La lotta alla mafia non può essere delegata esclusivamente all’azione giudiziaria; è un impegno che riguarda tutti coloro che amano e vogliono bene al calcio.
Il futuro del pallone, e l’integrità di un patrimonio sportivo nazionale, dipendono dalla capacità di affrontare questa sfida con determinazione e coraggio.





