La vicenda che ruota attorno al delitto Poggi, già segnata da sentenze definitive e archiviamenti, si è ulteriormente complicata a causa delle recenti dichiarazioni dell’avvocato Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio, coinvolto nella nuova indagine.
Le sue esternazioni, rilasciate nell’ambito di un’intervista a Fabrizio Corona, hanno suscitato immediate reazioni da parte delle istituzioni legali e giudiziarie, alimentando un clima di scontro e mettendo in discussione la correttezza delle dinamiche investigative.
Lovati, in una ricostruzione delle circostanze che lo hanno visto protagonista, ha accusato il procuratore aggiunto Stefano Civardi di aver intenzionalmente promosso la riapertura delle indagini, in contrasto con la presunta volontà di archiviazione del procuratore Fabio Napoleone.
Le sue parole, filtrate da un apparente stato di alterazione dovuta all’alcool e intessute di termini di sminuimento, hanno scatenato una formale smentita da parte della Procura di Pavia, definendo le affermazioni “destituite di ogni fondamento”.
La narrazione di Lovati si intreccia con un retroscena di proposte editoriali e collaborazioni mediatiche.
L’avvocato sostiene di essere stato avvicinato da Corona con l’intento di realizzare un serial cinematografico incentrato sulla vicenda Poggi, offrendogli la libertà di esprimersi senza filtri e accompagnandola con bevande alcoliche.
La divulgazione successiva delle sue dichiarazioni, a suo dire, ha tradito la fiducia accordata.
Il contesto della vicenda si lega a un’analisi genetica forense presentata dalla difesa di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara Poggi, condannato in via definitiva a 16 anni.
In quel frangente, Civardi operava presso la Procura di Milano.
Successivamente, la Procura di Pavia ha incaricato l’Università di Pavia di eseguire accertamenti tecnici ripetibili, che hanno portato alla richiesta di riapertura delle indagini il 14 febbraio 2024.
La successiva assegnazione del procedimento a Civardi, come sottolinea Napoleone, è intervenuta in un momento successivo.
Le dichiarazioni di Lovati, spesso caratterizzate da un linguaggio provocatorio e da ricostruzioni che sfiorano il genere noir, lo avevano già portato a essere oggetto di denunce per diffamazione.
In particolare, è accusato di aver rilasciato affermazioni offensive e calunniose nei confronti dei fratelli Fabio ed Enrico Giarda e del loro studio legale, fondato dal padre, Angelo Giarda, figura di spicco nel panorama giuridico.
La vicenda solleva interrogativi cruciali sull’etica professionale degli avvocati, sui limiti della libertà di espressione mediatica e sull’impatto delle dinamiche editoriali sui processi giudiziari.
La decisione di Lovati di difendersi autonomamente preannuncia un’ulteriore fase di contenzioso, destinata a infittire le ombre e le polemiche che avvolgono il caso Garlasco.
La vicenda pone in luce, inoltre, la complessità di gestire la comunicazione in processi che toccano temi sensibili e che coinvolgono famiglie distrutte da un dramma di tale portata.