Un’atmosfera solenne e partecipata ha gremito il cortile di Palazzo Chigi, teatro di una cerimonia di auguri della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ai dipendenti della Presidenza del Consiglio.
L’evento, intriso di significati patriottici, ha visto l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte della sezione romana dell’Associazione Nazionale Alpini, un’istituzione profondamente radicata nella storia e nell’identità nazionale italiana.
L’esecuzione dell’inno è stata accompagnata da un gesto simbolico, con gli alpini che hanno concluso il canto con il tradizionale “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”, un verso che evoca il senso del dovere, il sacrificio e l’attaccamento alla patria.
Tuttavia, l’atmosfera ha riservato una singolare variazione rispetto al consueto rituale.
La risposta corale, il “sì” finale che di norma accompagna l’inno e che rappresenta un atto di adesione e partecipazione, in questa occasione non è stata pronunciata dall’associazione alpina.
I membri dell’ANA, infatti, hanno dimostrato un rispetto formale, aderendo alle nuove linee guida stabilite per l’esecuzione dell’Inno nazionale durante eventi e cerimonie militari di particolare rilevanza istituzionale.
Questa discrepanza non è un mero dettaglio formale, ma riflette una riflessione più ampia sul significato e la corretta modalità di celebrazione dei simboli nazionali.
L’abitudine di gridare il “sì” finale, sebbene sentita e partecipata in contesti sportivi e celebrativi, è stata ritenuta, in ambiti istituzionali di tale rilievo, un elemento potenzialmente inadeguato a esprimere il dovuto rispetto e la solennità del momento.
La scelta di modificare questa prassi risponde a un’intenzione di rafforzare la sacralità dell’Inno di Mameli, promuovendo un’esecuzione più rispettosa e codificata, che enfatizzi il valore intrinseco del canto e il suo significato storico e culturale.
La partecipazione corale, pur mantenendo la sua importanza come espressione di unità nazionale, si è quindi modulata per adattarsi a un contesto più formale e solenne, in cui il silenzioso tributo e la riverenza prendono il posto di un’esuberante risposta.
L’evento a Palazzo Chigi, pertanto, non è stata solo una cerimonia di auguri, ma anche un piccolo, significativo passo verso una revisione e un’evoluzione del modo in cui l’Italia celebra la sua identità e i suoi simboli.





