Il caso di Benno Neumair, il trentaquattrenne bolzanino condannato all’ergastolo per l’efferato omicidio dei genitori e il successivo occultamento dei corpi nel fiume Adige, continua a generare interrogativi e a sollevare complesse riflessioni sul sistema penale e sulla possibilità di redenzione.
L’inizio di un percorso di giustizia riparativa, con l’avvio di incontri regolari con due zie, rappresenta un tentativo inedito, sostenuto dalla recente riforma Cartabia, di affrontare le conseguenze traumatiche di un atto di violenza irreparabile.
La riforma Cartabia, infatti, introduce un approccio innovativo, focalizzato non solo sulla sanzione detentiva, ma anche sulla ricostruzione delle relazioni interpersonali violate dal crimine.
L’obiettivo primario è favorire un processo di responsabilizzazione del condannato, promuovendo un confronto con le vittime o i loro familiari, ove possibile, al fine di mitigare il dolore e favorire la riconciliazione.
L’integrazione di Benno Neumair nel contesto carcerario di Montorio, dopo aver concluso un periodo di isolamento, si è rivelata sorprendentemente positiva.
L’attività didattica di scacchi, intrapresa con altri detenuti, testimonia un impegno verso la riorganizzazione personale e un tentativo di trovare un senso all’interno di una realtà limitante.
Inizialmente, le preoccupazioni riguardavano la potenziale manifestazione di comportamenti autolesionistici legati alla sua complessa personalità e ai disturbi che lo affliggono.
Tuttavia, come sottolinea il suo legale, l’avvocato Flavio Moccia, Benno ha mantenuto un atteggiamento equilibrato e controllato, senza destare particolari allarmi.
L’assenza di un contatto con la sorella Madé rimane un elemento critico.
L’avvocato Carlo Bertacchi, difensore di parte civile, evidenzia che un percorso di giustizia riparativa autentico richiederebbe un’assunzione di responsabilità da parte del condannato, un riconoscimento del dolore causato e un tentativo di riparazione, elementi che, al momento, risultano assenti.
La mancata ricerca di un contatto con la sorella solleva dubbi sull’effettiva volontà di Benno di confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni e di abbracciare un percorso di vera redenzione.
Il percorso di giustizia riparativa, in questo contesto, non deve essere interpretato come una diminuzione della pena detentiva, ma come un complemento volto a favorire la crescita personale del condannato e, potenzialmente, a contribuire alla guarigione delle ferite emotive causate dal crimine.
Tuttavia, la sua efficacia dipende in maniera cruciale dalla disponibilità del condannato a confrontarsi con il proprio passato e ad assumersi la piena responsabilità delle proprie azioni, un processo che, nel caso di Benno Neumair, appare ancora irrisolto e carico di incertezze.
L’evoluzione di questa vicenda continuerà a essere seguita con attenzione, alla luce della complessa dinamica di un caso che interseca il diritto penale, la psicologia e la necessità di offrire una possibilità, seppur fragile, di ripartenza.







