L’emersione di Phica.
eu, una piattaforma online dedicata alla condivisione e alla mercificazione di immagini sessualmente esplicite, ha rivelato una pericolosa escalation nella violazione della privacy e nell’abuso di potere digitale.
Inizialmente percepito come un terreno di caccia per la condivisione di immagini non consensuali di donne, il sito ha esteso la sua portata a figure pubbliche di spicco, evidenziando la fragilità delle protezioni legali e sociali di fronte a un fenomeno che si radicalizza e si politicizza.
Oltre alle attrici, influencer e alle persone comuni, la rete di Phica.
eu ha intrappolato anche donne impegnate attivamente in politica, un segnale allarmante che indica una strategia volta a intimidire, screditare e silenziare voci femminili influenti.
L’eurodeputata del Partito Democratico Alessandra Moretti, la capogruppo Dem al consiglio comunale di Latina e vicesegretaria del Pd Lazio Valeria Campagna, e l’ex sottosegretaria dem al Mise e candidata alle elezioni regionali nelle Marche Alessia Morani, si sono trovate, con un atto deliberato di violenza digitale, ad avere le loro immagini private sottratte dai social media e disseminate online, accompagnate da commenti denigratori e spesso di natura esplicita.
Questo attacco non può essere interpretato come un episodio isolato.
Esso si inserisce in un contesto più ampio di misoginia online, di revenge porn e di cyberbullismo che mira a delegittimare e a marginalizzare le donne che occupano spazi di potere.
L’uso del furto di immagini e la loro successiva diffusione, unito alla creazione di un ambiente di commenti ostili, rappresenta un tentativo di esercitare una forma di controllo sociale e politico.
Si tratta di una tattica deliberata per scoraggiare le donne dall’entrare in politica o per minare la loro credibilità una volta che vi si sono già inserite.
Le conseguenze di tale violazione della privacy sono devastanti.
Oltre al trauma personale subito dalle vittime, l’incidente danneggia la loro reputazione, compromette la loro sicurezza e crea un clima di paura che può dissuadere altre donne dal partecipare alla vita pubblica.
L’impatto si estende anche al dibattito politico, distogliendo l’attenzione dalle questioni di sostanza e alimentando un ambiente di polarizzazione e ostilità.
Questo caso solleva questioni urgenti sulla necessità di rafforzare le leggi sulla protezione dei dati personali, di combattere la misoginia online e di promuovere una cultura di rispetto e responsabilità nel mondo digitale.
È fondamentale aumentare la consapevolezza del problema, fornire supporto alle vittime e perseguire penalmente i responsabili di tali atti.
La lotta contro la violenza digitale deve essere una priorità per le istituzioni, le forze dell’ordine e la società civile nel suo insieme, affinché le donne possano partecipare pienamente e in sicurezza alla vita democratica.
L’incensuratezza di queste azioni rappresenta una minaccia non solo per le vittime dirette, ma per la salute stessa del nostro sistema democratico.