La recente vicenda che coinvolge il Garante della Privacy ha scosso il panorama istituzionale italiano, sollevando interrogativi cruciali sull’autonomia, la trasparenza e la responsabilità all’interno dell’autorità.
La disputa, venuta alla luce tramite un audio diffuso da Report e successivamente alimentata da dichiarazioni contrastanti, ha messo in discussione la versione ufficiale fornita dal Collegio del Garante stesso.
Al centro della controversia si colloca l’ex segretario generale Angelo Fanizza, il quale, in un audio rilasciato, ha contestato l’interpretazione fornita dal Collegio in merito al suo operato.
Fanizza ha affermato di non aver agito come “battitore libero”, suggerendo una dinamica interna caratterizzata da una responsabilità condivisa e un controllo da parte del Collegio stesso.
L’audio rivela discussioni, pur non conclusive, sulla possibile ricorso a società private o all’intervento della magistratura per avviare indagini sulla fuga di dati, elementi che sembrano contraddire il comunicato ufficiale del Collegio.
Fanizza ha inoltre sottolineato di aver espresso forti obiezioni all’idea di coinvolgere terzi privati nella gestione di informazioni sensibili.
La versione del componente del Garante, Agostino Ghiglia, offre una prospettiva differente.
Secondo Ghiglia, il Collegio avrebbe affidato a Fanizza un mandato di indagine interna, finalizzato a individuare eventuali responsabili della compromissione dei dati, ma sempre nel rispetto della legalità.
L’istanza di dimissioni di Fanizza, a suo dire, deriverebbe da un errore grave: l’invio di una lettera contenente richieste non autorizzate e in contrasto con i principi di tutela della privacy che l’autorità stessa è tenuta a garantire.
Il comunicato del Collegio del 21 novembre aveva già evidenziato come la comunicazione inviata da Fanizza e la risposta del Dirigente dei sistemi informatici fossero state trasmesse attraverso canali riservati, escludendo la conoscenza da parte dei membri del Collegio.
Successivamente, l’ex segretario aveva verbalmente informato il Collegio della sua richiesta di accesso alle email dei dipendenti, una mossa giudicata “sproporzionata e illecita”.
La vicenda ha generato un acceso dibattito politico.
Nicola Fratoianni, di Avs, ha sollecitato l’intervento del Parlamento per un rapido rinnovo dell’autorità e una revisione della sua composizione, proponendo una legge in merito.
Analoghe richieste di dimissioni del Collegio sono giunte da esponenti di Europa Verde, che sottolineano come la credibilità dell’istituzione sia gravemente compromessa.
Le repliche del Collegio, attraverso la voce di Ghiglia, si sono focalizzate sulla difesa dell’indipendenza dell’autorità, rifiutando pressioni esterne e criticando l’approccio sensazionalistico di Report.
Ghiglia ha contestato l’ipocrisia di chi, da un lato, invoca l’indipendenza dell’autorità e, dall’altro, ne richiede le dimissioni, e ha denunciato un fenomeno di “truth bending”, ovvero la manipolazione della realtà per fini ideologici.
La crisi del Garante della Privacy non è solo una questione di responsabilità individuale o di gestione interna, ma solleva interrogativi più ampi sulla necessità di garantire l’autonomia, la trasparenza e l’efficacia delle istituzioni di garanzia, in un contesto caratterizzato da crescenti sfide legate alla protezione dei dati personali e alla sorveglianza digitale.
La vicenda, complessa e ricca di implicazioni, impone una riflessione critica sul ruolo e le funzioni del Garante, nonché sulle modalità di gestione delle crisi istituzionali e sulla necessità di preservare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche.





