La scelta etica di Villa Ebner, un residence affacciato sulle dune di Porto Pino, irrompe nel panorama turistico sardo con una dichiarazione di intenti che trascende la semplice ospitalità.
Un messaggio inequivocabile, esplicitamente politico, risuona sul sito web: “Slava Ukraini”, “Free Palestine”, e, soprattutto, un esplicito divieto di accogliere cittadini israeliani a meno che non manifestino una netta condanna delle azioni del governo e dell’esercito israeliani.
Questa non è un’azione hacker, ma una presa di posizione deliberata, come confermato dalla direzione.
Il residence, pur riconoscendo il suo ruolo primario come struttura ricettiva e non come piattaforma di informazione o organo politico, esprime la convinzione che spazi come il suo, aperti a una clientela consapevole, abbiano il dovere morale di confrontarsi con eventi di portata globale e di gravità incalcolabile.
L’attuale dramma che si consuma nella Striscia di Gaza, con le sue immagini di sofferenza e disperazione, è presentato come un evento che non può essere ignorato.
L’associazione di far morire di fame bambini, donne e uomini a un “atto politico” o a una “legittima difesa” è considerata un’affermazione inaccettabile.
La direzione del residence utilizza un termine forte, “genocidio”, per descrivere lo stermino sistematico di una popolazione con l’obiettivo dichiarato di cancellarla dall’esistenza.
La decisione di vietare l’accesso ai cittadini israeliani che non si dissociano esplicitamente dalle azioni del governo e dell’esercito israeliani emerge da un senso di urgenza morale.
La direzione invita a boicottare coloro che sono direttamente responsabili delle sofferenze a Gaza e coloro che, in silenzio, ne sostengono le politiche.
Pur consapevole della limitatezza dell’azione – “meno di una goccia in un oceano” – viene presentata come un gesto necessario per dare un minimo di senso alla coscienza collettiva.
Questo coraggio etico si inserisce in un contesto più ampio di crescente tensione nel territorio.
A breve distanza da Porto Pino, nella località di Chia, un manifesto bilingue, in inglese ed ebraico, aveva già esposto un messaggio simile: “I criminali di guerra non sono benvenuti in Sardegna e possono essere perseguiti dalla legge”.
Un gesto prontamente censurato dalla polizia locale per mancanza di autorizzazione, e immediatamente bollato come “antisemita” dalla comunità ebraica.
L’episodio di Villa Ebner solleva interrogativi complessi sulla responsabilità sociale delle imprese, sui limiti della libertà di espressione e sulla definizione stessa di antisemitismo.
Si tratta di un atto di solidarietà umanitaria, un atto di protesta politica o, come alcuni sosterranno, un’espressione di intolleranza? La risposta, inevitabilmente, è soggettiva e profondamente radicata in un sistema di valori personali.
Tuttavia, la vicenda, al di là delle interpretazioni, testimonia la crescente polarizzazione del dibattito pubblico e la difficoltà di conciliare il diritto all’ospitalità con l’imperativo morale di prendere posizione di fronte alle ingiustizie del mondo.