venerdì, 4 Luglio 2025
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Teatro in crisi: scontro politico e futuro a rischio.

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Il recente contenzioso che ha visto contrapporsi il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi e il drammaturgo Stefano Massini, in seguito alla declassazione della Fondazione Teatro della Toscana, ha scoperchiato una profonda crisi di sistema nel delicato rapporto tra politica, istituzioni e creatività nel panorama dello spettacolo dal vivo. L’atto amministrativo, che priva la Fondazione – comprendente il Pergola e il Rifredi a Firenze e l’Era di Pontedera – del prestigioso riconoscimento di teatro nazionale, ha generato un’onda di reazioni contrastanti, sfociate in accuse reciproche e dimissioni da parte di alcuni membri della Commissione consultiva.La vicenda, al centro del dibattito parlamentare, ha visto il Ministro Alessandro Giuli difendere l’autonomia delle Commissioni consultive, rigettando con fermezza accuse di interferenze esterne e strumentalizzazioni politiche. Tuttavia, l’opposizione ha sollevato dubbi sulla trasparenza dei processi decisionali, denunciando l’uso di queste commissioni come strumenti di ritorsione nei confronti di realtà artistiche di rilievo nazionale. Matteo Orfini (PD) ha parlato di “manganello”, mentre Gaetano Amato (M5S) ha dipinto un quadro di “sistemi torbidi” che avvolgono il Ministero, definendo il Ministro stesso come una figura assente e complice.Il dialogo tra Mazzi e Massini, un tentativo di mediazione, ha evidenziato una divergenza di prospettive, pur nella condivisione di una radicata passione per il teatro. Mazzi ha espresso il desiderio di facilitare un confronto diretto tra Massini e la Commissione, riconoscendo il valore artistico del drammaturgo e sottolineando la necessità di una valutazione tecnica rigorosa, legata ai cicli triennali di programmazione. Questa visione contrasta con la percezione di Massini, che ha denunciato un clima di contrapposizioni ideologiche superate, un anacronismo che impedisce la piena valorizzazione del patrimonio culturale nazionale.La vicenda assume risvolti ancora più complessi se consideriamo il contesto storico che la precede. Massini ha raccontato di un’iniziale apertura da parte di Mazzi, immediatamente seguita da un’aspra campagna mediatica che lo dipingeva come una figura scomoda per l’establishment politico. Questa dinamica suggerisce un sistema viziato da una commistione vischiosa tra interessi politici, spesso di matrice ideologica, e scelte artistiche, che finisce per penalizzare la libertà creativa e l’eccellenza.In risposta a queste criticità, Mazzi ha annunciato la creazione di un gruppo di studio, guidato da Giorgio Assumma, con l’obiettivo di riformare le modalità di erogazione dei contributi e delle provvidenze per lo spettacolo dal vivo. La pubblicazione di un “libro bianco” per maggio 2027 segnerà un passo importante verso la trasparenza e l’equità dei processi decisionali, garantendo che la declassazione di una realtà come il Teatro della Toscana non comporti una riduzione dei finanziamenti.Tuttavia, la battaglia di Massini non si limita alla difesa dei finanziamenti. Essa rappresenta un appello al rispetto per tutti coloro che lavorano all’interno del Teatro della Toscana, un ecosistema complesso che include tecnici, artisti e collaboratori, spesso con opinioni divergenti. La capacità di un direttore di teatro pubblico di abbracciare e valorizzare questa diversità, anche a costo di subire critiche e attacchi, costituisce un tratto distintivo di una visione inclusiva e democratica della cultura. La vicenda del Teatro della Toscana, dunque, si rivela un campanello d’allarme che invita a una profonda riflessione sul ruolo della politica e delle istituzioni nella tutela della libertà artistica e nella promozione di un sistema culturale più equo e trasparente.

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