“Tutta Colpa del Rock”, una produzione PiperFilm distribuita da Netflix, è un’opera cinematografica che trascende il semplice racconto di redenzione, incarnando un’esplorazione profonda dell’animo umano e del potere trasformativo delle relazioni.
Il film, diretto da Andrea Jublin e interpretato da un cast eccezionale che include Lillo Petrolo, Naska, Maurizio Lastrico, Valerio Aprea e Carolina Crescentini, è stato accolto con entusiasmo al Giffoni Film Fest, celebrato per la sua capacità di illuminare le vie della rinascita, anche quando il percorso sembra irrimediabilmente segnato dalla caduta.
La genesi del progetto affonda le radici nella profonda passione di Lillo Petrolo per la musica, un elemento onnipresente nella sua vita fin dall’adolescenza – un ricordo vivido è quello del giovane chitarrista rock, anima ribelle e desideroso di affermazione – e nell’esperienza diretta maturata durante i numerosi spettacoli musicali realizzati all’interno di carceri, luoghi che gli hanno permesso di osservare da vicino la fragilità e la resilienza della condizione umana.
Al centro della narrazione troviamo Bruno, un ex musicista rock ormai decaduto, tormentato da bugie, egoismo, vanità e un senso di inadeguatezza paterna.
Una spirale di scelte errate lo conduce in carcere, in un punto di rottura apparentemente insuperabile.
Paradossalmente, è proprio in questo ambiente claustrofobico che si apre una possibilità inaspettata: la formazione di una band musicale con altri detenuti per competere al Roma Rock Contest e realizzare la promessa fatta alla figlia Tina, un viaggio leggendario attraverso gli Stati Uniti alla scoperta delle radici del Rock.
L’esperienza personale di Lillo Petrolo, segnata da un grave ricovero in terapia intensiva a causa del Covid, ha ulteriormente rafforzato la sua convinzione nel potere curativo della musica.
La terapia musicale, intensiva e ritmata, si è rivelata un fattore determinante nel suo recupero, supportando la sua tesi secondo cui l’energia musicale stimola le difese immunitarie.
Andrea Jublin, il regista, sottolinea come il carcere, sebbene un luogo di privazione, possa paradossalmente diventare un catalizzatore per la speranza, un ambiente dove le relazioni umane vengono messe a dura prova e, spesso, si rivelano fondamentali per la sopravvivenza emotiva.
“Puoi trovarti nel luogo più degradante del mondo, ma se c’è amore, c’è salvezza,” afferma Jublin.
Il film esplora la capacità dell’amore e della connessione umana di lenire le ferite più profonde e di risvegliare la speranza.
Naska, figura chiave nel progetto, condivide l’entusiasmo per un film che fonde due passioni: la musica e il cinema.
La sua esperienza sul set, esordio nel mondo della recitazione, è stata arricchita dalla collaborazione con un cast di talento e dalla direzione attenta e stimolante di Jublin.
L’emozione condivisa durante un concerto di Ozzy Osbourne, con la commozione che ha travolto il pubblico, testimonia il potere universale della musica.
L’interazione con Carolina Crescentini, che interpreta la direttrice del carcere, ha lasciato un segno indelebile in Naska, così come la capacità dell’attrice di creare un personaggio forte e imponente.
Un’esperienza che, pur con un tocco di umorismo, ha messo a dura prova la compostezza del giovane attore.
“Tutta Colpa del Rock” non è solo un film, ma un inno alla forza dell’animo umano, alla capacità di reinventarsi e alla potenza inesauribile delle relazioni, un’esplorazione del potenziale di redenzione che si cela anche nei luoghi più inaspettati, come un carcere dove la musica diventa la chiave per riscoprire la propria umanità.