Nel pieno dell’estate, tra i primi giorni di agosto, una mossa legale inattesa ha coinvolto il nome di Raoul Bova.
I suoi legali hanno presentato all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi una documentazione inedita: frammenti di conversazioni WhatsApp estrapolate da un’indagine in corso, condotta dalla Procura di Roma, che solleva l’ipotesi di reato di tentata estorsione a danno dell’attore.
L’azione, apparentemente mirata a proteggere l’immagine pubblica di Bova, si concentra su espressioni specifiche divenute oggetto di pubblica attenzione, alcune delle quali hanno innescato un fenomeno virale.
Tra queste, spicca l’espressione “occhi spaccanti”, originariamente indirizzata alla modella Martina Ceretti e poi resa pubblica tramite Fabrizio Corona, amplificando esponenzialmente la sua risonanza mediatica.
Analogamente, la frase “Buongiorno essere speciale, dal sorriso meraviglioso” è stata inclusa nella documentazione presentata.
L’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, che assiste Raoul Bova, ha delineato l’obiettivo strategico di questa iniziativa: “Ci prefiggiamo di arginare la proliferazione non autorizzata di contenuti tratti dagli audio oggetto di indagine.
” La presentazione dell’incartamento all’Ufficio Brevetti rappresenta un tentativo di trasformare espressioni individuali in veri e propri asset protetti, attribuendo a Bova il diritto esclusivo di utilizzo.
L’ottenimento del via libera da parte dell’Ufficio Brevetti, un processo che si preannuncia complesso e che potrebbe richiedere diverse settimane, comporterebbe conseguenze legali significative per chiunque utilizzi le espressioni protette senza l’esplicito consenso di Raoul Bova.
Il rischio, in caso di violazione, si tradurrebbe in sanzioni economiche e potenziali azioni legali.
Questa mossa solleva interrogativi complessi riguardanti la protezione della privacy, il diritto d’autore, e la possibilità di brevettare espressioni linguistiche.
Al di là dell’aspetto legale, l’azione mette in luce la crescente importanza della gestione dell’immagine pubblica nell’era digitale, dove anche brevi messaggi possono assumere una risonanza mediatica imprevista e avere implicazioni legali di vasta portata.
L’intera vicenda apre un dibattito più ampio sul confine tra la libertà di espressione, il diritto alla protezione della propria immagine e le conseguenze legali derivanti dalla condivisione di contenuti privati in spazi pubblici.