“The Smashing Machine”, presentato in concorso all’82° Mostra del Cinema di Venezia, emerge come un’opera complessa e stratificata, capace di sondare le profondità dell’animo umano attraverso la figura di Mark Kerr, magistralmente interpretato da Dwayne Douglas Johnson.
Il film, diretto da Benny Safdie, non si limita a tracciare un ritratto biografico, ma si configura come un’esplorazione densa di ambivalenze, dove la brutalità fisica si intreccia con una palpabile fragilità emotiva.
Lontano da una semplice celebrazione del successo sportivo, “The Smashing Machine” disseziona la carriera di Kerr, un uomo che ha incarnato l’apice della performance atletica in discipline come la lotta libera, il Vale Tudo e le MMA, raggiungendo vette ineguagliabili che lo hanno meritato l’onorificenza dell’UFC Hall of Fame.
Il film, ispirato a una vicenda realmente accaduta, si addentra nel percorso di un combattente tormentato, schiacciato dal peso delle aspettative, dalla dipendenza e da un profondo senso di solitudine.
Safdie costruisce un’esperienza cinematografica intensa, utilizzando un linguaggio visivo dinamico e claustrofobico che riflette la spirale discendente di Kerr.
La macchina da presa si fa testimone delle sue vittorie, celebrate con una carica adrenalinica, ma soprattutto delle sue sconfitte, interiori ed esteriori, che lo vedono sprofondare in un vortice di autodistruzione.
La fisicità imponente di Johnson, tradizionalmente associata a un’immagine di forza e invincibilità, viene qui sottoposta a un’analisi cruda e spietata, rivelando la vulnerabilità celata dietro la facciata muscolosa.
Il film, infatti, non offre risposte semplici, ma pone interrogativi scomodi sulla natura della fama, sul prezzo del successo e sulla difficoltà di mantenere un equilibrio precario tra la maschera del guerriero e l’uomo che si nasconde dietro di essa.
“The Smashing Machine” è una riflessione sulla resilienza, sulla redenzione e sulla possibilità di trovare un senso di pace, anche quando si è a un passo dal baratro, e sfida lo spettatore a confrontarsi con le zone d’ombra dell’eroismo sportivo, rivelando che la vera forza non risiede nella capacità di sconfiggere l’avversario, ma nella lotta incessante contro i propri demoni.
Dwayne Johnson e il peso del successo: The Smashing Machine a Venezia
