domenica 12 Ottobre 2025
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Edwige Fenech: la ginocchiata che sfida il potere e difende il #MeToo

Nel corso di una recente intervista a “Da noi… a ruota libera”, l’iconica Edwige Fenech ha deciso di affrontare un capitolo oscuro e doloroso della sua carriera, offrendo una prospettiva preziosa sul mondo dello spettacolo e sulle dinamiche di potere che lo permeano.
Lontana da qualsiasi retorica vittimistica, l’attrice ha condiviso esperienze di molestie subite agli albori della sua carriera, un’epoca in cui la vulnerabilità e la precarietà professionale rendevano le giovani donne particolarmente esposte.
Fenech ha descritto un ambiente in cui la prepotenza era una regola non scritta, dove la voce di una donna, in particolare di una giovane aspirante, era spesso sminuita o ignorata.

La mancanza di meccanismi di protezione e supporto rendeva la difesa personale un atto di coraggio individuale, spesso compiuto con mezzi improvvisati, come testimonia la sua memorabile risposta fisica: “una vigorosa ginocchiata al momento giusto bastava a far capire che non ero una da mettere sotto”.
La sua testimonianza si è poi soffermata su un’analisi critica del movimento #MeToo, riprendendo le parole della studiosa Susan Faludi, secondo cui la sua forza rischia di essere diluita dall’eccessiva focalizzazione sulle figure di spicco di Hollywood.

Fenech ha espresso un netto dissenso rispetto a questa deriva, ribadendo con fermezza che l’essenza del movimento risiede nella difesa delle donne “comuni”, quelle che operano nell’ombra, lontane dai riflettori e senza la possibilità di contare su una rete di protezione.

“La libertà e il rispetto devono valere per tutte,” ha affermato, sottolineando un principio fondamentale di giustizia sociale.

Riflettendo sul proprio percorso, Edwige Fenech ha manifestato una profonda consapevolezza, priva di rimpianti.
Le ferite del passato, lungi dall’essere un peso, sono diventate elementi costitutivi della sua resilienza e della sua crescita personale.
La vera liberazione, secondo l’attrice, si conquista affermando il proprio diritto al “no,” senza il condizionamento della paura.
La sua testimonianza si configura, dunque, non solo come un racconto autobiografico, ma come un monito a non dimenticare le radici del movimento #MeToo e a proteggere la voce di chi, spesso, non ha la forza di far sentire la propria.
La sua esperienza personale, condivisa con coraggio e lucidità, contribuisce a illuminare le zone d’ombra di un’industria che necessita di una profonda trasformazione culturale.

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