Un caleidoscopio di emozioni, un’opera che sfida le convenzioni, “La mano di Dante” di Julian Schnabel si presenta a Venezia come un’esplosione di creatività, un omaggio sognato e rischioso al capolavoro di Alighieri e al romanzo di Nick Tosches, figura chiave del giornalismo musicale e letterario americano scomparso prematuramente.
L’attesa per il film, nato come progetto ambizioso con Johnny Depp, si è finalmente concretizzata in un’esperienza cinematografica che trascende i confini di un semplice adattamento.
Schnabel non offre un’illustrazione pedissequa della “Divina Commedia”, ma una rielaborazione contemporanea, un’immersione vibrante in un universo fatto di parallelismi inaspettati tra la vita di Dante, la figura enigmatica di Tosches e la ricerca spasmodica di significato che permea l’esistenza umana.
Il film si configura come un viaggio a ritroso nel tempo, un’indagine sulla natura della creazione artistica, della verità e della memoria.
Il cast, un assemblaggio di talenti eccezionali guidato da un intenso Oscar Isaac (che incarna sia il sommo poeta che lo stesso Tosches), è stato al centro di un acceso dibattito durante il Festival.
La richiesta di boicottaggio nei confronti di Gal Gadot e Gerard Butler, sostenitori di posizioni politiche controverse, ha generato un’ondata di polemiche, prontamente respinta da Schnabel, che ha sottolineato la loro indiscutibile abilità artistica e l’importanza di separare l’arte dalle opinioni personali.
L’artista si schiera con veemenza a favore della libertà espressiva, rifiutando qualsiasi forma di censura e ribadendo il valore intrinseco del talento individuale.
La presenza di figure emblematiche come Al Pacino, John Malkovich, Martin Scorsese e Jason Momoa arricchisce ulteriormente l’opera, conferendole un’aura di prestigio e rafforzandone la dimensione metanarrativa.
La colonna sonora, firmata da Benjamin Clementine, amplifica l’impatto emotivo delle immagini, creando un’atmosfera suggestiva e coinvolgente.
Schnabel, con la sua visione anticonvenzionale, non si limita a riproporre la “Divina Commedia” come un testo sacro e immutabile, ma la reinterpreta alla luce della sensibilità contemporanea, evidenziando la sua inesauribile capacità di ispirare nuove riflessioni.
Come un Caravaggio che ci trasporta in un eterno presente, l’arte, secondo Schnabel, permette di superare i confini della mortalità, di trasformare il dolore in bellezza, la perdita in memoria.
Il film, a suo dire, non è altro che un atto di creazione collettiva, un terreno di espressione libera dove ogni partecipante ha potuto dare il meglio di sé.
L’esperienza del set è stata un’occasione per condividere passioni, scambiarsi idee, costruire un’opera che riflette la ricchezza e la complessità del nostro tempo.
Per Isaac, accettare il ruolo, dopo l’abbandono del progetto da parte di Depp, è stato come realizzare un sogno.
La fiducia in Schnabel, un artista capace di trasformare l’impossibile in realtà, è stata determinante.
La figura di Martin Scorsese, nel ruolo di Isaia, incarna un mentore, un sostegno che ha guidato Schnabel nel suo percorso di regista.
Il consiglio che il personaggio di Scorsese impartisce a Dante – scegliere tra l’inganno e la verità, tra l’inferno e la crocifissione – è un monito universale, un’eco delle proprie esperienze, una testimonianza del potere della verità.