Divergenze all’interno del governo di Netanyahu riguardo al piano post-Gaza, mentre crescono le minacce provenienti dall’asse iraniano.

Date:

05 gennaio 2024 – 23:22

L’opposizione più radicale si contrappone al piano di Gallant per la gestione del periodo successivo all’invasione di Gaza. Si assiste a un continuo scaricabarile delle responsabilità e dei rimproveri reciproci. Sebbene la guerra non sia ancora finita, si intravedono le prime tracce del dopoguerra: Netanyahu intende discuterne con l’arrivo del segretario americano Antony Blinken. Il piano “Day After” prevede l’istituzione di un’autorità civile palestinese che governi la Striscia, l’assegnazione all’Egitto del ruolo di principale punto di ingresso degli aiuti umanitari, il coinvolgimento degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e dei paesi arabi del Golfo nella ricostruzione e il mantenimento del blocco terrestre, marittimo ed aereo sulla Striscia. Bibi non desidera coinvolgere l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), mentre l’estrema destra vorrebbe espellere tutti i gazawi; invece i moderati auspicano un maggiore coinvolgimento militare nelle decisioni. Le divisioni sono profonde e rischiose. Il nemico sionista non è mai stato così vulnerabile, come ha ben compreso Hassan Nasrallah che, da Beirut, intensifica i toni: “Risponderemo sul campo di battaglia all’uccisione del vice di Hamas”.

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