La posizione italiana ha innescato un’inattesa svolta nel percorso legislativo della direttiva volta a contrastare le pratiche ingannevoli in materia di sostenibilità ambientale, scuotendo gli equilibri all’interno del Consiglio dell’Unione Europea. Un cambio di rotta che ha portato, di fatto, alla sospensione del mandato originario e all’annuncio, da parte della Commissione Europea, di una potenziale ritirata della proposta legislativa.La notizia, comunicata ufficialmente in conferenza stampa dai co-relatori del Parlamento Europeo per la direttiva “Green Claims”, l’eurodeputato liberale Sandro Gozi e il socialista Tiemo Wölken, riflette una situazione più complessa di una semplice divergenza di opinioni. L’Italia, infatti, ha espresso riserve significative circa l’impatto delle nuove misure, in particolare sulle micro e piccole imprese (PMI). Queste aziende, spina dorsale dell’economia italiana, temono che gli oneri amministrativi e i costi di adeguamento richiesti dalla direttiva, nella sua formulazione iniziale, ne compromettano la competitività e, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza.La direttiva “Green Claims”, concepita per combattere il fenomeno del *greenwashing* – ovvero la pratica di presentare prodotti e servizi come ecologicamente sostenibili quando in realtà non lo sono – ambiva a stabilire criteri più rigorosi e trasparenti per la comunicazione di affermazioni ambientali da parte delle aziende. Il testo originale prevedeva, tra le altre cose, l’obbligo di effettuare valutazioni del ciclo di vita (LCA) dei prodotti e di rendere pubbliche le metodologie utilizzate.La preoccupazione della Commissione Europea, che ha condiviso le riserve italiane, risiede proprio nella potenziale impattazione di tali requisiti, percepiti come eccessivamente gravosi, sulle PMI. La loro fragilità economica, spesso caratterizzata da risorse limitate e competenze specialistiche insufficienti, li renderebbe particolarmente vulnerabili agli effetti negativi della direttiva.Questa evoluzione solleva interrogativi cruciali sul futuro della lotta al *greenwashing* in Europa. La direttiva, pur ambiziosa nel suo intento di proteggere i consumatori e promuovere una reale transizione ecologica, si è scontrata con la realtà economica e le difficoltà di implementazione per un segmento chiave dell’economia europea.Il dibattito aperto ora pone la necessità di trovare un equilibrio tra l’imperativo di garantire la trasparenza e l’affidabilità delle affermazioni ambientali e la salvaguardia della competitività delle PMI. Potrebbero essere necessarie modifiche sostanziali al testo originale, che prevedano misure di accompagnamento mirate, semplificazioni procedurali e un approccio graduale all’applicazione delle nuove regole, differenziando i requisiti in base alla dimensione aziendale e al settore di appartenenza. La sfida è trovare un percorso che consenta di contrastare efficacemente il *greenwashing* senza soffocare la vitalità del tessuto imprenditoriale europeo.