L’attuale dibattito attorno ai cosiddetti “extraprofitti” delle banche e la potenziale richiesta di un contributo volontario da parte degli istituti di credito solleva interrogativi complessi, ben al di là di semplici espressioni demagogiche.
Durante il convegno Fattore R a Cesena, il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), Antonio Patuelli, ha voluto chiarire la posizione del settore, inquadrandola nel contesto più ampio del sistema tributario italiano.
Il fulcro della discussione risiede nell’interpretazione dell’articolo 53 della Costituzione, che sancisce il principio della progressività nella contribuzione alla spesa pubblica in base alla capacità contributiva di ciascun soggetto.
Questo principio, pur essendo fondamentale, necessita di un’applicazione ponderata, che tenga conto della complessità della struttura economica e finanziaria degli istituti di credito.
Patuelli ha sottolineato come il sistema bancario, nel suo insieme, contribuisca già in maniera significativa alle finanze pubbliche, superando il 55% del totale.
Questa percentuale elevata non deriva solo dall’imposizione diretta sugli utili aziendali, ma anche dagli oneri fiscali a cui sono sottoposti gli azionisti, che detengono una quota rilevante della proprietà.
Si tratta, di fatto, di una doppia imposizione, che incide pesantemente sulla capacità di reinvestimento e di sviluppo del settore.
L’argomentazione di Patuelli non mira a negare la responsabilità sociale degli istituti di credito, né a sottrarsi a un eventuale confronto costruttivo con le istituzioni.
Piuttosto, vuole evidenziare come una richiesta di contributo straordinario, non adeguatamente contestualizzata, rischi di compromettere la stabilità del sistema bancario e la sua capacità di sostenere l’economia reale.
Una banca robusta e efficiente è un pilastro fondamentale per il finanziamento delle imprese, la promozione dell’occupazione e la crescita del Paese.
Il dibattito non dovrebbe quindi concentrarsi esclusivamente sull’entità degli utili, ma dovrebbe analizzare a fondo la struttura dei costi, i rischi assunti e le performance complessive degli istituti di credito.
Un’imposizione eccessiva, inoltre, potrebbe incentivare la delocalizzazione delle attività bancarie, con conseguenze negative per l’economia italiana.
In definitiva, la questione degli extraprofitti bancari richiede un approccio pragmatico e basato su dati concreti, che tenga conto della complessità del sistema finanziario e della sua importanza strategica per il Paese.
Un dialogo costruttivo tra istituzioni, banche e rappresentanti dei cittadini è essenziale per trovare soluzioni eque e sostenibili, che preservino la stabilità del sistema bancario e promuovano la crescita economica.