lunedì 13 Ottobre 2025
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Made in Italy a rischio: il governo interviene contro il fast fashion.

La crescente fragilità del sistema moda italiano, esposta recentemente da vicende delicate come quella che ha coinvolto Tod’s, ha innescato una risposta governativa mirata.

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy ha indetto un tavolo di lavoro con urgenza, fissato per il 15 ottobre, con l’obiettivo di orchestrare un approccio strategico a due fronti: la salvaguardia della reputazione del Made in Italy e la repressione dell’impatto pervasivo del fast fashion.Questa iniziativa non è un’azione isolata, bensì il segnale di una presa di coscienza più ampia.
Il Made in Italy, da sempre sinonimo di eccellenza artigianale, design innovativo e materiali di pregio, si trova ad affrontare una complessa congiuntura.
L’aggressività del mercato globale, caratterizzato da modelli di business basati sulla produzione di massa, cicli di tendenza accelerati e costi minimi, erode progressivamente il valore intrinseco del patrimonio manifatturiero italiano.

Il problema non è solo economico.

La diffusione del fast fashion, alimentata da una cultura del consumo effimero e di basso costo, ha implicazioni etiche e ambientali significative.

Dietro i prezzi stracciati si celano spesso condizioni di lavoro precarie, sfruttamento della manodopera e un impatto devastante sull’ambiente, a causa dell’utilizzo intensivo di risorse, delle emissioni inquinanti e della produzione di rifiuti tessili.
Il tavolo di lavoro del 15 ottobre si propone di esplorare una serie di azioni concrete.
In primis, sarà fondamentale rafforzare i meccanismi di controllo e certificazione dell’autenticità del Made in Italy, contrastando efficacemente la contraffazione e le etichette fraudolente che ne diluiscono il valore.
Questo implica un potenziamento dei controlli a livello doganale, una maggiore collaborazione con le autorità giudiziarie e una sensibilizzazione dei consumatori sull’importanza di riconoscere e premiare la vera qualità.
Parallelamente, si dovrà elaborare una strategia per affrontare la sfida del fast fashion. Questo non significa necessariamente imporre divieti o limitazioni, ma piuttosto promuovere modelli di business più sostenibili e responsabili.
Si potrebbe incentivare l’utilizzo di materiali riciclati e a basso impatto ambientale, sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione tessile, e promuovere l’economia circolare, incoraggiando il riuso, il riciclo e la riparazione dei capi di abbigliamento.
Un elemento chiave sarà la collaborazione con le imprese, le associazioni di categoria, i sindacati e le istituzioni regionali.

È necessario creare un ecosistema favorevole all’innovazione, alla formazione e alla competitività, che permetta alle aziende italiane di affermarsi sui mercati internazionali, valorizzando la loro unicità e la loro capacità di creare prodotti di alta qualità, duraturi e responsabili.
Infine, la comunicazione e la sensibilizzazione dei consumatori rivestiranno un ruolo cruciale.

È necessario educare i cittadini a fare scelte di consumo più consapevoli, premiando le aziende che si impegnano a rispettare l’ambiente, i lavoratori e la tradizione artigianale italiana, e rifiutando i prodotti di scarsa qualità e provenienti da filiere opache.

La difesa del Made in Italy non è solo una questione economica, ma anche un atto di responsabilità sociale e culturale.

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