25 ottobre 2024 – 07:45
Eugenio Finardi, reduce dal tour legato al suo ultimo disco “Euphonia”, un’opera complessa che richiama le radici del progrock in cui ha cresciuto: “L’analogia”, spiega, “è più evidente nell’esecuzione dal vivo che nel concepimento. In realtà, ho in mente un concetto di musica totale anziché una categorizzazione di genere. Durante i concerti si possono trovare influenze rock, citazioni da Satie e Bach, il jazz elettrico ispirato alla leggendaria esibizione di Miles Davis all’Isola di White nel 1970. Ero presente quel giorno, e quella esperienza ha cambiato la mia vita.”Il giovane Eugenio, all’epoca diciottenne, non poteva immaginare il lungo percorso che lo avrebbe portato a diventare un celebre chansonnier, onorato l’anno scorso con il Premio Tenco alla carriera: “Sono rimasto commosso”, confessa, “perché non me lo aspettavo. Gli amici del Club mi avevano sempre elogiato come interprete. La figura di Tenco merita una riflessione: quando si tolse la vita io avevo solo 15 anni… Mi identificai con la sua scelta e ancora oggi sono convinto che sia stato vittima di una certa Italia… quella della musica leggera, definizione ignorante per eccellenza: la musica leggera non esiste, neanche i jingle pubblicitari rientrano in quella categoria immaginaria.”Passando al brano “Musica ribelle”, inno generazionale firmato da Finardi nel 1976. Quando gli viene chiesto cosa ne pensi oggi di quel concetto di rivolta sonora, risponde: “La vedo negli atteggiamenti più che nei contenuti… Tutto è accettato ora, e pensare che da giovane mi preoccupavo ad usare la parola ‘casino’.” “Amo questa città”, conferma Finardi. Se dovessi trasferirmi qui saprei già dove cercare casa. Sogno di stabilirmi lungo il fiume Po nel quartiere Vanchiglia… Cresciuto tra vinili e musicassette, l’esperto rocker è attento come pochi altri colleghi ai nuovi mezzi di diffusione: “Ho due canali su YouTube… ma mi piace anche TikTok… Oggi è più semplice far conoscere la propria musica.”
